ACQUA: opportunit? e responsabilit? per le ong – di Fabio Laurenzi

L’intervento del Presidente del , Fabio Laurenzi, pubblicato sugli Annali di Civilt? dell?Acqua

Il tema dell?Acqua impone, o dovrebbe imporre, di confrontarsi con i tanti livelli in cui trova implicazioni- dal locale, al nazionale, fino alle relazioni internazionali e multilaterali- oltre che con le diverse questioni che richiama- dall?acqua come ?diritto fondamentale? e ?bene comune? , all?acqua come ?merce?, oggetto di contrattazioni commerciali ed economiche a livello globale.

L?acqua, essendo percepita e vissuta quotidianamente da tutti, anche dal comune cittadino italiano, come un bene essenziale, ? diventata negli ultimi dieci anni una questione paradigmatica e relativamente comprensibile di ci? che intendiamo e spesso critichiamo parlando di globalizzazione.

Non ? difficile spiegare perch? si possano pianificare guerre all?interno di uno stesso paese, o tra nazioni diverse, per garantirsi l?accesso alla risorsa idrica o il controllo delle fonti. ? piuttosto complicato comprendere, da parte dei pi?, che l?acqua pu? diventare oggetto di mire e di interessi economici; e, per lo stesso motivo, nonostante negli ultimi vent?anni siamo stati oggetto di una sorta d?educazione forzata che ci ha spiegato (nonostante le evidenze contrarie) di come il mercato ed il privato possano sempre conciliare l?interesse d?impresa con quello collettivo, ? stato relativamente facile incontrare la sensibilit? di migliaia di utenti del servizio idrico italiano quando si ? trattato di mettere in discussione il modello di privatizzazione della gestione di questa risorsa.

Un modello che, per lungo tempo, ? sembrato affermarsi senza colpo ferire e che oggi, per fortuna, sembra vivere un momento di riflessione. Quando poi si pensa agli interessi e agli investimenti delle nostre multinazionali o societ? per azioni sulla gestione del servizio idrico in paesi del Sud del mondo o, addirittura, ai fondi d?investimento messi sul mercato dalle stesse societ?, credo risulti immediatamente comprensibile che un corollario logico e inevitabile ? che una parte significativa degli utili, guadagnati sulla gestione dell?acqua di un paese dell?Africa piuttosto che dell?America Latina, lasceranno quel paese per andare a premiare gli azionisti occidentali, cio? non potranno essere utilizzati nel paese a cui l?acqua appartiene n? per essere reinvestiti nello stesso servizio, n? per politiche di ridistribuzione (come da sempre esistono anche da noi), attraverso il rafforzamento del sistema educativo o sanitario, giusto per fare due esempi.

Se l?acqua ? dunque un bene essenziale, se addirittura lo si indica come diritto umano non solo da parte di campagne delle societ? civile del Sud e del Nord del mondo ma anche dalle Nazioni Unite, allora ci si deve preoccupare di mettere in moto tutte le politiche e le azioni necessarie perch? venga assicurato al pi? alto numero di persone e al minor costo possibili. Se ? cos?, allora, dobbiamo chiederci come ci? sia compatibile con il fatto che si vogliano inserire i servizi idrici nell?oggetto dei negoziati nell?ambito dell?Organizzazione Mondiale del Commercio, dunque al pari di ogni altra merce; se ? opportuno, cio?, che si richieda ad uno stato del Sud del mondo di prevedere l?apertura del proprio mercato nazionale dell?acqua alle aziende occidentali, magari condizionando a questo la concessione di crediti internazionale o scambiando con l?acqua (e gli utili derivanti) la fornitura di altri beni e servizi.

Gli economisti parlando di ?domanda inelastica? riferendosi a quei beni e servizi la cui richiesta da parte degli utenti (che siano individui o nazioni) non diminuisce proporzionalmente all?aumento del costo di vendita degli stessi. Si tratta insomma di beni che sono cos? essenziali (vedi il petrolio) che troveranno sempre e comunque una richiesta, e pertanto un mercato, qualunque sia la condizione e il costo d?erogazione. Questo almeno fino a quando sul mercato non si affermi un bene sostitutivo, cio? concorrenziale per prezzo e prestazioni: ma chi pu? immaginare un bene che sostituisca l?Acqua?

? possibile (o opportuno) assumere tali questioni come riferimenti indispensabili per la definizione di dove e come operare con iniziative di cooperazione internazionale delle ONG (organizzazioni non governative) sul tema dell?acqua? Io credo di si. Ancor di pi? se si opera nell?ambito della cooperazione territoriale, cio? dal basso, a partire dai nostri territori e dalle comunit? che li abitano, dagli attori che in questi agiscono, istituzioni e societ? civile.

Proprio perch? sono convinto che lo scenario ? quello che ho scritto sopra, mi sembra assolutamente indispensabile che tutte le iniziative, grandi o piccole, assumano quella lettura come ipotesi di partenza, cercando di condividerla il pi? possibile tra i vari attori del nostro territorio che entrano in gioco.

Tale lettura deve determinare l?impianto stesso dell?intervento, facendo si che i programmi siano concepiti fin dall?inizio anche con l?obiettivo di costruire collaborazioni durature ? ovvero di ?partenariato? ? tra collettivit? locali del Nord e del Sud, oltre che d?intervenire nel territorio del paese ?beneficiario?. La relazione di partenariato deve consentire la circolazione di informazioni e di esperienze, la messa in comune di ci? che pu? servire all?altro, la conoscenza dell?Altro fuori da luoghi comuni e verit? distorte. In tal modo potremmo rendere possibile una riflessione all?interno delle nostre stesse collettivit?, che porti ad interrogarsi su come gestiamo le nostre risorse naturali, tra cui l?acqua, e su come si possano creare delle contraddizioni stridenti, anche a partire dalle nostre realt? locali, tra ci? che facciamo in termini di rapporti economici e commerciali con il Sud del mondo e quello che facciamo con azioni di cooperazione e solidariet? internazionale.

L?amministratore pubblico o l?imprenditore che accetta di stare in questi percorsi, alla luce di quanto appreso nel rapporto di partenariato, deve anche mettere in conto di svolgere in maniera diversa il proprio ruolo, sia nella gestione delle proprie responsabilit? locali sia quando si trova nel tavoli nazionali e internazionali.

L?Acqua offre oggi alle ONG europee una grande opportunit? e responsabilit?. Da una parte consente di continuare ad operare secondo i criteri che sono propri del nostro modo di concepire l?azione nei Sud del mondo: quelli che valgono sempre in ogni contesto ? ovvero il rafforzamento di capacit? locali, individuali e istituzionali, la sostenibilit? ambientale e sociale, la parit? di genere- e quelli che sono pi? specifici al tema acqua ? come la barriera tecnologica, ma anche i saperi locali e tradizionali, il risparmio e la salvaguardia delle fonti, la questione pi? generale della gestione appropriata del territorio.

Dall?altra, proprio per la natura del tema, come spiegato al?inizio, fare cooperazione internazionale sull?acqua rende eccezionalmente possibile ottenere, qui da noi, dei risultati straordinari d?incidenza culturale e politica, sia sui cittadini sia sui decisori. Sta a quelle ONG europee che intendono ancora essere attori di cambiamento sociale nei propri paesi di appartenenza, oltre che efficaci e professionali soggetti di sostegno agli attori dei Sud del mondo, accettare la sfida delle complessit? e cogliere tale opportunit