INTERVISTA AL DOTTOR CANAAN MAMWURA SU HIV/AIDS IN SWAZILAND

COSPE, in collaborazione con Anlaids-sezione Lombardia e l’Universit? degli Studi di Milano (Dip. Scienze Cliniche ? Malattie infettive e medicina tropicale), ? da anni impegnato in Swaziland in un progetto finalizzato a ridurre l?incidenza e l?impatto dell?HIV/AIDS fra i settori pi? poveri e vulnerabili della societ?.

Lavorando a stretto contatto con amministrazioni e organizzazioni locali, COSPE ha avviato un programma integrato di tutela e valorizzazione di tutte le risorse di cui la comunit? dispone, con un progetto che mira al decentramento dei servizi per ridurre la distanza che intercorre tra le strutture ospedaliere e le comunit? rurali. Il programma ha contribuito all’apertura di 22 Centri VCT (Voluntary Counselling and Testing), e aiutano a garantire l’accesso alla terapia ARV a circa 12.000 pazienti. Abbiamo parlato con il dottor Canaan Mamwura, direttore della clinica ART (antiretroviral treatment) e gestore della redistribuzione degli antiretrovirali all’interno dell’ospedale Good Shepherd di Siteki, in Italia in occasione del seminario internazionale organizzato dal ?Gruppo AIDS? del tavolo regionale sull?Africa della regione Toscana che si ? svolto all?Ospedale Meyer di Firenze lo scorso 9 marzo.

Potrebbe raccontarci la sua esperienza in Swaziland, spiegando quando ha deciso di lasciare il suo Paese natale, lo Zimbabwe, per andare in Swaziland? E perch? ha deciso di specializzarsi proprio sul tema dell’HIV/AIDS?

Ho iniziato a lavorare all’inizio del 2006. Ho scelto questo Paese come molti altri professionisti perch? in quegli anni lo Zimbawe affrontava un periodo abbastanza critico mentre lo Swaziland offriva delle buone opportunit? di lavoro. A quell’epoca il problema dell’HIV/AIDS esisteva in entrambi i Paesi, dove praticamente tutti avevano almeno un amico o parente che era morto o affetto da questa malattia, con la differenza che lo Swaziland dedicava molta pi? attenzione al problema, con un crescente numero di centri di distribuzione degli antiretrovirali e la possibilit? di accedere gratuitamente a questi medicinali. Il tasso di mortalit? rimaneva comunque altissimo, anche perch? molte persone non ammettevano la malattia o accettavano di curarsi con troppo ritardo, soprattutto a causa dello STIGMA che contraddistingueva i malati affetti da HIV/AIDS.

Ha notato qualche differenza da quando ha cominciato a lavorare in Swaziland ad oggi?

Ho notato molti cambiamenti, e perlopi? in positivo. Miglioramenti per l’HIV test e il counseling nel Good Shepherd Hospital, nell’aumento di attenzione e consapevolezza delle persone riguardo all’importanza dei test, e nell’accrescimento del numero di individui che scelgono di rivolgersi all’ospedale. Inoltre il test ? oggi automatico per chiunque entri in clinica. Un altro cambiamento positivo consiste nel decentramento del servizio di testing and counseling dell’HIV/AIDS e di distribuzione degli antiretrovirali nelle diverse cliniche dislocate sul territorio. Le campagne di sensibilizzazione hanno inoltre portato ad un aumento del numero di persone che si sono rivolte alle apposite strutture per richiedere il test, e anche di quelle che si sottopongono a controlli periodici e costanti, ed ? stato anche realizzato il cosiddetto registro ?pre-art?, che permette di tenere sotto controllo anche i pazienti sieropositivi che non necessitano degli antiretrovirali. In Swaziland la copertura del test ? dell’82%, la copertura della distribuzione degli antiretrovirali ? passata dal 17% al 42%, e la copertura nella prevenzione della trasmissione della malattia da madre a bambino ? di circa il 52%. Dal 2006 ? stato peraltro inserito un sistema di gestione integrata di HIV/AIDS e tubercolosi (TB), che tiene anche conto delle interazioni tra le due malattie.

Lo Swaziland ? uno dei Paesi in Africa in cui il problema dell’HIV/AIDS ? maggiormente diffuso. Potrebbe spiegarci il perch??

Stabilire quali siano le cause diventa davvero difficile: spesso si parla della grossa incidenza generata dalla poligamia, altre volte si ricercano le cause nella povert?, nel livello educativo delle persone o nella disinformazione riguardante la malattia. Io credo che i motivi siano da ricercare in tutte queste cause messe insieme e non solo. Siamo comunque riusciti ad ottenere un appoggio da parte del Governo dello Swaziland, che ha ammesso pubblicamente l’emergenza HIV/AIDS e anche l’emergenza TB, e questo ha permesso di dedicare una crescente attenzione a tali malattie. Ci? nonostante il problema HIV/AIDS ? ancora molto presente sul territorio.

Quali sono le maggiori difficolt? che lei ha incontrato nella sua personale esperienza? Sono pi? legate alle implicazioni sociali di questa malattia o alla scarsit? di risorse economiche?

Lo Swaziland, ha ricevuto parecchi fondi e abbiamo copertura sino al 2013 sia per quanto riguarda i medicinali che per il personale medico. La maggioranza delle cure e delle risorse sono quindi messi a disposizione della popolazione, sebbene a volte si riscontrino dei problemi nella gestione delle attivit?, come la distribuzione dei medicinali. Quindi non credo che il problema sia riallacciabile ad una mera questione di scarsit? di risorse economiche. Dal punto di vista sociale non si pu? nascondere che vi siano ancora parecchie difficolt? legate ad esempio allo STIGMA, sebbene questo problema sia molto decresciuto dal periodo in cui io sono arrivato in Swaziland, o almeno questa ? stata la mia personale impressione. Ho notato che ora le persone parlano della malattia senza vergognarsene e farsi troppi problemi, come accadeva prima, quindi credo che l’informazione e la sensibilizzazione fatta sia servita anche a questo.


Durante il meeting di Firenze si ? parlato del fondamentale ruolo della donna nella lotta contro l’HIV/AIDS, perch? la donna ? considerata un ottimo ?interlocutore? tra la societ? e la famiglia. Cosa pensa al riguardo?

Penso che il ruolo della donna sia fondamentale per vari motivi. Perch? il personale ospedaliero ? principalmente composto da donne, perch? le donne sono in maggioranza sia tra le ONG che cooperano nel territorio che tra i gruppi di supporto che lavorano nelle cliniche, e perch? in Swaziland la maggioranza dei pazienti affetti da HIV/AIDS sono donne. Ritengo tuttavia che sia fondamentale non dimenticarsi degli uomini, che comunque hanno un ruolo decisivo all’interno della societ? dello Swaziland ed ? quindi indispensabile che vengano coinvolti. Una volta, ad esempio, mi capit? una paziente di 16 anni affetta da HIV. Ricordo che quando scopr? di essere positiva al test e decise di comunicarlo al suo ragazzo lui reag? molto male, non accettando il problema. Lui continu? a negare l’evidenza persino quando lei gli mostr? le analisi. Questa esperienza aiuta quindi a capire quanto sia importante coinvolgere anche gli uomini, perch? questi hanno comunque un potere decisionale all’interno delle famiglie e non sensibilizzandoli al problema si rischia di annullare tutto il lavoro fatto per informare e coinvolgere le donne.


Il ruolo delle ONG nella lotta contro l’HIV/AIDS?

Ritengo che l’intervento delle ONG abbia avuto un ruolo determinante per i progressi che sono stati fatti in Swaziland. Per la mia personale esperienza posso dire che grazie all’intervento di COSPE ? stato possibile colmare il divario tra le cliniche rurali e le comunit? stesse, riuscendo ad avvicinare queste persone alle cliniche e ai servizi disponibili. Lavorando a fianco delle comunit? COSPE ? riuscito ad avvicinare queste persone alle cliniche e ai servizi disponibili, e allo stesso tempo ha aiutato il nostro ospedale a migliorare il nostro collegamento con le cliniche, supportando un miglioramento generale del servizio offerto. Ci? non toglie che vi siano ancora molte cose da fare. Bisogner? ad esempio migliorare la formazione del personale, e anche in questo caso sar? fondamentale il contributo di COSPE e di tutti i partner che lavorano sul territorio e ci supportano.


Cosa pu? dirmi riguardo al ruolo dei governi locali e internazionali? Pensa che questi stiano facendo abbastanza per combattere il problema dell’HIV/AIDS?

Credo che i governi locali, internazionali e le ONG stiano davvero facendo tantissimo, ma adesso bisogna chiedersi cosa altro possono fare. Sono stati fatti moltissimi progressi, ma il problema esiste ancora ed ha purtroppo un’altissima incidenza. Pi? che soffermarsi su ci? che ? stato fatto bisognerebbe concentrarsi su ci? che potr? essere fatto in futuro.