FORTEZZA EUROPA, ORMAI INAVVICINABILE – Intervista a Gabriele del Grande

Con 100.000 visite ricevute solo nell’ultimo mese e 19 lingue parlate, il blog “Fortress Europe” nato nel 2006 fornisce informazioni e documenti sul fenomeno delle migrazioni verso l’Europa: articoli d’archivio (dal 1988) e recenti, reportage, statistiche e foto che documentano ciò che avviene poco fuori la nostra soglia di casa. Viaggi e storie di cui, attraverso giornali e tv, ci giunge solo qualche brandello di cronaca e poche immagini di repertorio. Difficilmente si ha modo di leggere e conoscere le reali proporzioni di questo fenomeno e le modalità con cui viene gestito, anche per via della retorica politica con cui viene farcito. Gabriele Del Grande, giornalista e curatore del blog “Fortress Europe”, autore del libro Mamadou va a morire, ci accompagna in questo tentativo di analisi per provare a capire cosa sta succedendo poco fuori l’Europa, da cui ormai si è espulsi ancor prima di arrivare.

Quali itinerari si possono tracciare quando si parla di rotte di migranti?

Bisogna dire, innanzitutto, che il 90-95% degli immigrati che si trovano in Europa sono arrivati con un visto turistico, poi, alla scadenza di questo, sono divenuti irregolari. Quelli che invece arrivano via mare, raggiungendo le coste d’Italia, Spagna, Grecia e Malta sono solo una piccola parte. Guardando al 2009, in Italia e Spagna gli sbarchi sono diminuiti del 60% rispetto al passato, mentre in Grecia sono aumentati del 50%. Si può dire che sta crescendo anche il numero delle entrate dalle frontiere Est dell’Europa, attraverso Paesi come l’Ungheria e la Romania.

Come avviene il controllo delle frontiere?

Attualmente, si sta affermando ovunque la tendenza ad esternalizzare questa funzione. Vale a dire che i governi dei Paesi europei incaricano del controllo i Paesi vicini. Si paga la polizia del Paese incaricato perchè i migranti siano fermati ancora prima di mettere piede in Europa. Questa politica dei respingimenti non è attuata solo dall’Italia, che ha preso accordi con la Libia, ma anche da Spagna e Grecia. Il problema è che fuori da questi Paesi, molti diritti è come quello all’asilo politico è non sono riconosciuti.

Cosa è cambiato con l?introduzione della politica dei “respingimenti” e come avvengono?

In Italia i respingimenti sono iniziati nel maggio 2009 e fi no ad oggi hanno coinvolto 1000 persone. I barconi con i migranti vengono fermati quando sono in acque internazionali dai libici oppure dai mezzi di pattugliamento italiani oppure da quelli di Frontex (agenzia europea delle frontiere esterne). Su come i respingimenti avvengano, nella pratica, si sa poco: alla stampa è vietato salire sui mezzi militari perchè le operazioni sono molto violente. I migranti sono terrorizzati all?idea di tornare indietro e essere riportati in Libia, perciò reagiscono, si disperano, e alla fine sono portati via di peso. Un fotografo francese, che ha scattato alcune foto durante un respingimento, ha documentato come i migranti siano presi con la forza dai militari e, in quel caso, picchiati con dei remi. Una volta recuperate, le persone sono portate nei campi di detenzione in Libia e qui il loro destino varia a seconda delle nazionalità. Alcuni, grazie alle proprie ambasciate, sono rimpatriati, altri rimangono rinchiusi lì per anni. E’ il caso dei rifugiati politici, che in Libia non hanno modo di chiedere asilo mentre invece in Italia potrebbero farlo, grazie alla stessa ?Bossi-Fini? che riconosce questo diritto.

La questione del riconoscimento del diritto di asilo varia, in Europa, da Paese a Paese. Come è possibile?

Sì, ci sono differenze tra i vari Paesi. In Grecia, ad esempio, solo lo 0,3% delle domande di asilo viene accettata, contro il 50% dell’Italia. Questo perchè la Grecia è un Paese piccolo che non ha modo di accogliere i tanti rifugiati che giungono sul suo territorio dall’Afghanistan e da altri Paesi del Medio Oriente. D’altra parte, questi migranti non possono neanche chiedere asilo politico in Italia. Infatti, secondo il Regolamento di Dublino II, lo Stato competente per l’esame di una domanda di asilo è quello in cui questa viene inizialmente presentata. Così, se anche questi rifugiati politici riescono a raggiungere il nostro Paese è magari dopo aver viaggiato nascosti sotto un camion è poi vengono rispediti in Grecia. Quando un immigrato viene fermato alla frontiera, per prima cosa si prendono le sue impronte digitali. Se queste risultano già nella banca dati europea sull’immigrazione, la persona viene rispedita nel Paese da cui proviene e dove è stata già presentata la domanda di asilo. In pratica, si scarica sui Paesi più piccoli, come Grecia e Malta, la responsabilità di gestire i destini di queste persone. Ci vorrebbero invece degli standard europei così da uniformare le procedure ed evitare che ognuno scarichi sull’altro questa responsabilità.

Di fatto, il destino di molte persone rimane in sospeso, come in un limbo, alle porte dell’Europa. In questo senso l’UE appare davvero come una fortezza chiusa e ostile?

E’ una situazione paradossale perchè da una parte, attraverso i decreti flussi, si richiedono braccia pronte a lavorare, dall’altra si lascia fuori un pugno di persone. Solo in Italia, se si guardano le statistiche, esiste un rapporto di 1 a 12 tra persone sbarcate e immigrati richiesti dai decreti flussi. In sostanza, c’è un doppio registro dello stato diritto: sia all’esterno, poichè ad alcuni non si riconoscono i diritti che pure spettano loro; sia a livello interno, poichè quegli irregolari che vengono fermati sono rinchiusi nei CIE (Centri di identificazione e di espulsione) e poi rimpatriati nonostante magari abbiano una famiglia in quel Paese europeo.