INTERVISTA A MALALAI JOYA SULLE DONNE IN AFGHANISTAN

In occasione dell’otto marzo pubblichiamo un‘intervista a Malalai Joya, deputata afgana, esautorata dalla sua carica per aver denunciato la presenza di “signori della guerra” all’interno dello stesso Parlamento durante l’intervista a una tv locale, che ci racconta cosa sta succedendo a lei e al suo paese dopo la guerra USA contro i Talebani le elezioni democratiche che le hanno assegnato uno dei 249 seggi del Parlamento afgano (con 7813 voti).

In Afghanistan Malalai, è costretta a vivere come una latitante, sotto scorta, sempre nascosta dal burka, cambiando casa continuamente, lontano dalla sua famiglia. Da anni riceve minacce e, dopo l’esclusione dal Parlamento, la situazione è precipitata. “Non so quanti giorni mi restano da vivere -dice con una calma che mette i brividi- i signori della guerra mi vogliono eliminare e sono potenti”. Ma la sua determinazione a lottare e soprattutto a tornare nel suo paese e soprattutto al suo ruolo di deputata è fortissima. “Quello che conta non sono io come persona, ma le mie idee. Ciò che rappresento: la voce democratica dell?Afghanistan. La morte è un rischio che devo correre ma lo faccio volentieri per questo ideale. E so che mi sopravviverà”.

Oltre ad essere una donna giovane coraggiosa e combattiva, Malalai, è in effetti ormai un vero e proprio simbolo. La sua lotta contro chi tiene soggiogato il suo popolo, contro chi usa armi, potere e religione per controllare le persone, contro chi nega diritti, istruzione, e in una parola contro i nemici della democrazia è, del resto, cominciata molti anni fa.

Membro dell’ OPAWC (Organization of Promoting Afghan Women’s Capabilities) e assistente sociale nella provincia di Farah, nel 2003 fu chiamata dai suoi concittadini come delegata alla Loya Jirga, tradizionale gran consiglio afgano che doveva stilare la carta costituzionale del paese. Già allora Malalai prese la parola e, in un discorso divenuto poi celebre, denunciò i crimini dei ‘signori della guerra’ che controllavano, e ancora oggi controllano, la Loya Jirga e i posti di comando del paese. Nel settembre del 2005 in Afghanistan si tennero le elezioni parlamentari e, grazie al suo impegno e al suo lavoro sul territorio, alla sua attività di sostegno concreto alla popolazione, al suo impegno per la democrazia e i diritti, Malalai fu eletta con largo consenso per rappresentare la sua provincia, nella Wolesi Jirga (la Camera dei Deputati afghana).

Dopo due anni di lotte e di minacce Malalai è stata espulsa dal Parlamento ma la sua battaglia continua anche fuori dai confini nazionali, appoggiata da RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan): fa appello a tutte le forze democratiche e chiede a gran voce un tribunale internazionale per giudicare i criminali di guerra che occupano ancora posti di potere politici ed economici e portare davvero giustizia e democrazia in un paese martoriato come l?Afghanistan.

Cosa vuol dire essere donna che fa politica in Afghanistan?
Ci sono due ostacoli a cui vanno incontro le donne: prima di tutto il governo afghano, antidemocratico e misogino, usa la religione, l’islam, contro le donne. I fondamentalisti hanno bisogno della religione per mantenere il controllo. Il secondo problema è che le donne non sono istruite nè consapevoli dei loro diritti: d’altra parte ancora oggi molte donne muoiono di parto senza assistenza sanitaria, la loro aspettativa di vita ? sotto i 45 anni; sono aumentati i casi di suicidi tra le vedove per evitare una vita di disperazione; sempre più spesso ci sono casi di bambine violentate e uccise? Nonostante tutto questo ci sono comunque donne che vanno a dimostrare e sfilare con i loro burka, come si vede nel film “Nemici della felicità” (Enemies of happines – un film che la regista danese Eva Mulvad ha realizzato in Afghanistan nel 2005, ndr.). Ci sono 68 donne nel nostro Parlamento, più che in altre democrazie, ma molte di loro non sono corrotte, colluse con i fondamentalisti. Non capiscono che sto lottando anche per loro.