IN DIRETTA DALLA CAROVANA DELL’ACQUA – DIARIO DI VIAGGIO #1

E’ partita la Carovana dell?acqua in Palestina, per il diritto all’accesso all’acqua. Stiamo seguendo in diretta la Carovana grazie ad alcuni estratti del “diario di viaggio” inviato dalla giornalista di “Left” Paola Mirenda che, direttamente dai Territori, ci tiene aggiornati sulla situazione.

Questa la prima parte

11 settembre 2011

L’alba arriva presto a Gerusalemme. Alle 5 e mezzo del mattino dalla finestra del National Palace, nel quartiere est della citt?, si vedono le prime luci, velate dalla cappa sottile che ci accompagnerà per tutto il giorno. Non c’è ancora gente per le strade, qualche macchina che passa, un netturbino che pulisce con puntigliosa costanza.

Siamo arrivati ieri nel pomeriggio, con la Carovana per l’acqua organizzata da una serie di ong e associazioni italiane. Siamo qui per un ‘viaggio di conoscenza’, come lo definisce Luisa Morgantini, ex vice presidente del Parlamento europeo e ora referente in Palestina per gli italiani che scelgono di venire a vedere come si vive sotto occupazione. Leggere di tutto questo non basta. Pensi di sapere tutto, di aver studiato tutto, ascoltato tutto. Ma solo quando ti trovi la canna di un fucile distrattamente puntato contro nello svoltare un angolo che ti accorgi di cosa significa.

Colpiscono due cose: l’indifferenza non rassegnata dei palestinesi e la tracotanza degli ebrei ortodossi, che a Gerusalemme sono una non trascurabile maggioranza. Anche nella parte araba la loro presenza si fa sentire: il loro curioso copricapo svetta nel suk assieme ai cappelli neri a tesa larga e i dreadlook (pe’ot) che in obbedienza alla Torah quasi tutti, bambini a adulti, si lasciano crescere sopra l’attaccatura dell’orecchio.

Mohamed, che ci accompagna nel giro alla città vecchia ? la via Dolorosa, che segna le stazioni del calvario di Cristo- non è di questo che ci parla. Piuttosto, ci mostra le palazzine requisite dagli israeliani ai palestinesi, in osservanza alla “legge dell’assenza”: se non ci abiti, il governo di Tel Aviv pu?ò assegnare la tua casa ad altri, rigorosamente israeliani.

Sui tetti e alle finestre la bandiera dello Stato ebraico segnala l’identità del suo abitante, che gode di una serie di privilegi economici, compreso il costo della sicurezza. A finanziare la costruzione di torrette di controllo, di inferriate alle porte e di apparecchi di video sorveglianza è lo Stato, che così “protegge” i suoi cittadini. Lo scopo è quello di annettere “demograficamente” anche la parte orientale a Israele, per evitare che diventi la capitale di un futuro Stato palestinese.

Quanto a loro, i palestinesi che hanno abbandonato le loro case durante la guerra del ’67, non possono tornare: sono profughi per lo più in Giordania o in Libano, e così cercano di affittare le loro case di Gerusalemme per non vedersele portare via. Sono pochi però a volerci abitare, visto che a poco a poco ci si trova circondati dalla destra ebraica ultra ortodossa; così a Gerusalemme oggi ci sono i palestinesi più poveri, quelli per i quali la mancanza di soldi fa superare anche il disagio di una difficile convivenza.

Leggi della Carovana dell?acqua in Palestina

Leggi la seconda parte del diario di viaggio

In allegato alcune foto