LA TRAGEDIA DI FIRENZE E LA RESPONSABILITA’ DEI MEDIA

Come è stata raccontata la tragedia di Firenze e qual è l’influenza dei mezzi di comunicazione (e del linguaggio da questi usato) sull’opinione pubblica.

COSPE, che da anni lavora sulle tematiche legate al razzismo e alla rappresentazione della società multiculturale da parte dei media, ha realizzato una ricerca che analizza la stage di Firenze a partire dalla comunicazione che ne è stata fatta.

Di seguito alcuni estratti dell’articolo frutto della ricerca che potete leggere in forma intera sul portale COSPE Media e MultiCulturalità www.mmc2000.net

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Diverse testate hanno dato la notizia parlando di “strage ed esecuzione di vu’ cumprà” e inizialmente, perfino di probabile regolamento di conti tra vu cumprà, come ha fatto Rainews 24. Dopo gli accertamenti del caso ci sono comunque volute molte ore prima che si desse un nome e una storia alle vittime, mentre approfondite ricostruzioni sono state dedicate all’omicida.

Il segretario nazionale della FNSI Franco Siddi, in un commento rilasciato ad Articolo 21, si assume la responsabilità della categoria e auspica un maggiore impegno da parte dei media, “impegno che deve essere quello della serietà, del lavoro nel rispetto delle persone. Vale sempre, e forse ancora di più nel cercare e nel riferire fatti così drammatici, il fatto di non usare un linguaggio, un modo di esprimersi, che possa generare repulsione verso qualcuno- atteggiamenti razzisti e altro– perchè questo è contro i principi fondamentali della nostra stessa deontologia. La Carta di Roma, che è un elemento prezioso dell?ordinamento deontologico della professione, è chiara su questo.” Di fatto, come scrive Annamaria Rivera su Micromega, anche in questo caso “l’informazione si è comportata secondo quella coazione a ripetere che è uno dei tratti peculiari del circolo vizioso del razzismo all’italiana.”

Sulla responsabilità dei media, Paola Caridi, giornalista e collaboratrice di varie testate, fa una riflessione molto lucida e amara sul blog Invisible Arabs. Nell’articolo dal titolo eloquente “Razzismo è il suo nome. E noi (giornalisti) siamo complici”, la giornalista infatti riconosce come “ci siano precisi responsabili, nella categoria dei giornalisti, che hanno rinfocolato il razzismo sulle prime pagine e sulle pagine interne dei quotidiani, così come nelle notizie in tv.”
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Leggi le dichiarazioni in seguito ai fatti del 13 dicembre