Mai più schiavi

Il 25 marzo è la giornata internazionale di commemorazione delle vittime della schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi, ma non dobbiamo dimenticarci che la schiavitù non è mai finita.

A cura di Elena De Zan 

Oggi 25 marzo è la giornata internazionale di commemorazione delle vittime della schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi, istituita dalle Nazioni Unite per tenere vivo il ricordo della più grande e disumana migrazione forzata di tutti i tempi, che ha portato più di 15 milioni di persone ad essere commercializzate per oltre 400 anni come schiave.

Ma la schiavitù non è un retaggio di un lontano passato, fa parte del nostro presente, e si manifesta in molteplici forme, più o meno evidenti.

Una delle tipologie più imponenti di schiavitù è la tratta di esseri umani. Essa è definita nel “Protocollo delle Nazioni Unite contro la tratta” delle persone come: «il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggiamento o l’accoglienza di persone con la minaccia di ricorrere alla forza, o con l’uso effettivo della forza o di altre forme di coercizione, mediante il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di autorità o una situazione di vulnerabilità, o con l’offerta o l’accettazione di pagamenti o di vantaggi al fine di ottenere il consenso di una persona avente autorità su di un’altra ai fini dello sfruttamento. Lo sfruttamento include, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione di altre persone, o altre forme di sfruttamento sessuale, lavori o servizi forzati, schiavismo o prassi affini allo schiavismo, servitù o prelievo di organi»

Secondo i dati del Global report on trafficking persons del 2014 si stima che ogni anno circa 2,5 milioni di persone vengano ridotte in schiavitù; il 60 per cento di queste sono donne e minori. La tratta è estremamente radicata e diffusa, tanto da essere una delle attività illegali più lucrative al mondo: rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno ed è la terza industria “criminale” più proficua, dopo il traffico di droga e di armi.

Poche settimane fa COSPE aveva raccolto la testimonianza di Madina, giovane afgana che ha richiesto l’asilo in Italia a seguito di una sentenza di matrimonio forzato, che l’avrebbe resa serva di un marito a lei sconosciuto. Madina ha lavorato nell’isola di Samos e Lesbo, e parlandoci dei suoi connazionali che intraprendono il viaggio verso l’Europa, ha denunciato come la presenza di trafficanti di uomini renda impossibile il viaggio per donne sole, anche a causa della stretta connessione esistente tra sfruttamento, abusi e ricatti sessuali.  

I migranti sono infatti particolarmente esposti al pericolo di finire nelle reti della criminalità e degli schiavisti; rischio che aumenta nel caso questi siano donne e/o minori. Questa vulnerabilità dei migranti non è data solo dalla loro situazione di povertà o/e di illegalità: le nuove schiavitù tendono ad insediarsi all’interno dei fenomeni migratori anche a causa dell’atteggiamento dei Paesi di destinazione, i quali avvertono come un problema i flussi di migranti, ignorando che il vero pericolo è dato dalle pesanti infiltrazioni di organizzazioni criminali dedite alla mercificazione della persona.

Anche una volta arrivati a destinazione, il rischio di finire nel racket del traffico di esseri umani, o di ritrovarsi in situazioni para-schiavistiche non è terminato. In particolare, la situazione vulnerabile dell’immigrato in condizione irregolare, clandestino, lo rende più appetibile e ricattabile da datori di lavoro senza scrupoli, che pur di ottenere profitti ricorrono allo sfruttamento lavorativo.

La prostituzione coatta è la prima forma di schiavismo che viene in mente quanto si parla di tratta, ma non è l’unico fenomeno legato al trafficking: il traffico di esseri umani può essere ad esempio legato ai circuiti di compravendita di organi, adozioni illegali, accattonaggio. Inoltre, a causa della “vulnerabilità” dello status dei migranti, il trafficking e forme di sfruttamento sono presenti in quasi tutti i settori lavorativi nei quali i migranti convergono, incluso il lavoro domestico e agricolo.

Non bastano i buoni propositi per onorare tutte le vittime dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo: il fenomeno della schiavitù è tristemente attuale e per contrastarlo serve l’impegno di tutti, a partire dalle organizzazioni internazionali; la relazione che esiste tra trafficking e immigrazione deve essere affrontata in primis dalle autorità europee: senza politiche di accoglienza ed integrazione efficaci, i migranti continueranno ad essere prede delle reti criminali costretti a barattare la propria libertà per sopravvivere.

Foto di Giulio Piscitelli/Contrasto  

Guarda l’infografica  a cura di Lorenzo Pettinato