Coloni devastano villaggio palestinese #iostoconmunir

COSPE e OVERSEAS denunciano l’inasprirsi delle devastazioni e la gravità dei recenti episodi di violenza nel villaggio di Wadi Fukin, per mano di coloni israeliani.

Durante quest’ ultimo mese di giugno – mese di Ramadan, santo per i musulmani – si segnala il proliferarsi di episodi di aggressione e violenza: gli occupanti della colonia di Betar Hillit si sono resi responsabili di incursioni e devastazioni nel villaggio, appiccando incendi, distruggendo e sradicando alberi, danneggiando serre per la coltivazione, e riversando le acque di scolo della rete fognaria delle vicine colonie nelle terre coltivate dagli agricoltori palestinesi, causando perdite e danni alle strutture e alle coltivazioni.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Munir che  lavora per il PARC, organizzazione agricola palestinese: “Io stesso ho subito distruzioni nel mio terreno. In molti casi questi attacchi sono stati perpetrati in presenza delle forze militari israeliane, che sono intervenute a protezione dei coloni. Si contano, solo nell’ultimo mese, almeno 350 alberi di olivo bruciati e sradicati, situati in terreni in prossimità della scuola del villaggio o degli elettrodotti dell’alta tensione. Inoltre sono stati emessi numerosi ordini di confisca delle terre, nel pieno disprezzo del diritto internazionale, trattandosi di terre occupate illegalmente dallo Stato di Israele”.
L’episodio più cruento risale allo scorso 30 giugno: circa 50 coloni, provenienti dalla colonia di Beitar Hillit, prima del tramonto, momento in cui gli agricoltori non si trovano nei campi ma nelle loro case in attesa di prepararsi all’iftar – la fine giornaliera del digiuno durante il Ramadan – hanno fatto irruzione nei terreni del villaggio, distruggendo due serre, sradicando piante di proprietà di tre agricoltori locali, imbrattando con scritte offensive come “morte agli Arabi” le loro pertinenze.
Di fronte a questi continui soprusi e violenze, che si perpetuano ormai da molto tempo, gli abitanti di Wadi Fukin hanno presentato svariate denunce presso le stesse Corti Israeliane di competenza, senza però ottenere nessun riscontro concreto. Nella maggior parte dei casi non ci sono state sentenze. In altri casi, le sentenze non hanno erogato né sanzioni penali né sanzioni amministrative a carico dei coloni responsabili di questi atti violenti, sulla base di complessi meccanismi e regolamenti dettati dalle leggi della Occupazione militare e civile della Palestina e del villaggio nello specifico, considerando lo stato di Area C del villaggio, il concetto di territori contesi in prossimità della Linea Verde e la distinzione assolutamente arbitraria tra “colonie legali” e “colonie illegali” secondo la legge israeliana, mentre le colonie in Palestina sono ritenute tutte illegali secondo la legge e il diritto internazionale. Come risultato, gli abitanti di Wadi Fukin continuano a non ottenere alcun tipo di protezione.
Secondo pubblicazioni di organizzazioni internazionali, gli israeliani che vivono nelle colonie della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, illegali secondo il Diritto Internazionale, sono più di 500 mila. Secondo fonti ONU, 51 casi di violenza e attacchi da parte di coloni sono state perpetrati solo nei primi mesi del 2016. Lo scopo di questi attacchi, come ammettono le fazioni più radicali dei coloni, è quello di rendere la vita di tutti i giorni sempre più difficile per i palestinesi e spingere la popolazione, soprattutto residente in Area C, a lasciare le proprie terre, così da legittimare l’espansione delle colonie israeliane.
Wadi Fukin si trova a 8 km a sud-est di Betlemme in Cisgiordania, nella Palestina occupata da Israele, e conta circa 1.500 abitanti, dediti quasi esclusivamente all’agricoltura. E’ situato sulla linea dell’armistizio del 1949 ed è stato negli anni area di confine e di contesa. Il villaggio venne distrutto dalle milizie ebraiche nel 1948, anno di fondazione dello Stato di Israele, e i suoi abitanti furono costretti ad abbandonarlo per trasferirsi nel vicino campo profughi di Dheisheh. Nel 1972, da Dheisheh i residenti di Wadi Fukin poterono ritornare nelle loro terre, ma dei 12.000 dunum (circa 12 km2) originari solo 3.000 vennero restituiti alla popolazione, mentre gli altri 9.000 furono unilateralmente annessi dallo Stato di Israele. Oggi il villaggio di Wadi Fukin è circondato da tre colonie israeliane impiantate illegalmente nel territorio palestinese: Mevo Beitar, Betar Illit e Tsur Hadasara. La più grande di queste, Betar Illit, che conta all’incirca 45.000 coloni, dagli anni ottanta ad oggi ha sviluppato un piano di espansione che nel 2015 è giunto nella sua terza fase e che prevede di annettere ulteriori aree del villaggio palestinese.
Wadi Fukin si trova per il 93% in Area C. Sulla base degli Accordi di Oslo, l’area C è sotto il pieno controllo dell’autorità israeliana. Ciò comporta un’interdizione agli abitanti di Wadi Fukin di costruire nuove abitazioni o scavare nuovi pozzi a scopo agricolo o domestico, se non sotto specifiche autorizzazioni delle autorità israeliane, che vengono negate con percentuali intorno al 95%, come di recente indicato da Rabbis for Human Rights. Inoltre, molte delle terre, se dichiarate non abitate o vuote, sono a rischio di espropriazione e confisca, alimentando quindi l’espansione delle colonie.
Questo di Wadi Fukin è un caso emblematico, e i suoi abitanti, preoccupati del fatto che il vortice di violenza possa degenerare nei prossimi mesi, si appellano alla comunità internazionale, chiedendo il rispetto dei diritti umani in osservanza del diritto internazionale, ed in particolare la fine dell’annessione unilaterale delle proprie terre da parte delle autorità e dei civili israeliani, la fine delle aggressioni, il diritto a poter tornare ad occupare la totalità delle terre che appartenevano agli abitanti del villaggio, nonché la fine dell’occupazione illegale israeliana.
Con questa ennesima denuncia chiediamo a voi tutti di far sentire meno solo Munir e gli altri contadini palestinesi che si trovano quotidianamente a combattere contro chi non vuole neppure far coltivare le loro terre e produrre fonti di sostentamento per loro e le loro famiglie.

Noi stiamo con Muir e voi? #iostoconmunir

Con la campagna #opengaza COSPE rilancia inoltre l’appello a permettere la ricostruzione di Gaza a due anni dall’ ultima guerra con Israele. Materiali e strumenti fondamentali sono bloccati dallo stesso Israele e i fondi per la ricostruzione impegnati dalla comunità internazionale ancora non sono stati erogati.

Guarda la testimonianza delle incursioni israeliane a Wadi Fukin