IL CORAGGIO DELLE DONNE AFGHANE: INCONTRO CON ZOYA DI RAWA

Mercoledì 9 dicembre, Zoya, rappresentante di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne in Afghanistan), sarà a Firenze per parlare del lavoro che svolge assieme a tante altre donne per lottare contro il fondamentalismo, promuovendo i diritti umani e delle donne in Afghanistan.

COSPE, in collaborazione con Circolo ARCI Isolotto, presenta “IL CORAGGIO DELLE DONNE AFGHANE“. Mercoledì 9 dicembre alle ore 21:00, presso il complesso delle Ex Leopoldine, in Piazza Tasso 1, a Firenze.
Durante la serata incontro con Zoya, rappresentante di RAWA e proiezione del film “Boccioli di rabbia” di Michela Guberti (51?).
Introducono: Fabio Laurenzi, Presidente COSPE, e Manuela Giugni, Circolo ARCI Isolotto.

Zoya è una giovane afghana militante nella RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan); Zoya, è un nome di fantasia, scelto nel tentativo di proteggere amici, parenti e conoscenti dalle sicure ritorsioni degli integralisti islamici. Si tratta di un piccolo dettaglio, ma denso di significato, che arricchisce di una decisa sfumatura di realismo le brutali atrocità, le esecuzioni sommarie, le violenze indiscriminate e le restrizioni sessuali a cui sono costrette le donne e, pi? in generale, tutto il popolo afghano.

Zoya porta avanti una testimonianza importante, raccolta in “Zoya, la mia storia“, un libro-verità scritto in collaborazione con John Follain, corrispondente del “Sunday Times” da Roma, e Rita Cristofari, addetta stampa di varie organizzazioni umanitarie. Nel libro si intrecciano la storia recente dell’Afghanistan, le brutalità commesse in nome del fondamentalismo religioso e spunti di cronaca sul dramma delle donne afghane, costrette a nascondersi dietro il manto dei burqa per evitare stupri ed esecuzioni estemporanee.

Zoya è nata a Kabul nel 1978 durante l’occupazione russa, in seguito alla presa del potere da parte dei mujaheddin e alla conseguente scomparsa dei genitori, è stata costretta a cercare asilo nel campo profughi RAWA a Pashawar, in Pakistan. Ad appena sedici anni Zoya decise di ricalcare le orme della madre, entrando nell’organizzazione clandestina della RAWA, per assistere le donne vittime di violenze, documentare gli omicidi commessi in nome del totalitarismo religioso e scrivere articoli di denuncia sulla condizione femminile in Afghanistan. Il rischioso ritorno di Zoya in patria, coinciso con l?avvento al potere dei Talebani, è agevolato dall’odiosa copertura del burqa, simbolo di soffocante imposizione per le donne afghane, ma allo stesso tempo valorizzato positivamente dalle militanti della RAWA come nascondiglio di materiale sovversivo e per celare identit? scomode. Nel frattempo in Afghanistan, i Talebani, recentemente scacciati dalla rappresaglia americana per la strage delle Twin Towers dell?11 settembre 2001, sono stati sostituiti dal nuovo regime dell’ambigua Alleanza del Nord.

Zoya, la mia storia, vincitore del premio speciale Versilia-Viareggio, si chiude con un sogno: una giovane donna libera di camminare le strade devastate di Kabul col sole che le scalda il viso, finalmente privo della maschera del burqa.

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