A Ginevra un report sui diritti umani in Swaziland

Sono cinque, tre donne e due uomini, gli attivisti che a Ginevra rappresentano la società civile dello Swaziland alle Nazioni Unite  (31 marzo- 2 aprile): in queste date sarà infatti presentato il “report ombra” frutto di un lungo percorso partecipativo che ha coinvolto 26 associazioni e gruppi della società civile sui temi dei diritti civili e politici, diritti economici, sociali e culturali, diritti delle donne, genere e LGTBTI, diritti dei bambini e degli adolescenti.

Lo scopo del report è quello di sensibilizzare i governi degli stati membri delle Nazioni Unite che dovranno fare le raccomandazioni al governo dello Swaziland, nel prossimo maggio, in occasione del periodico UPR    (Universal Periodic Review).

L’UPR è un meccanismo di monitoraggio dell’ Human Rights Council (HRC) per migliorare la situazione dei diritti umani all’interno dei 193 paesi membri delle Nazioni Unite. Secondo questo meccanismo la situazione di ogni Paese è monitorata ogni 4 anni e mezzo. Il risultato del monitoraggio porta a una lista di raccomandazioni che lo Stato in questione (lo State Under Review) si impegna a osservare. Da quel primo report il Governo dello Swaziland aveva accettato le 107 raccomandazioni. Molte di quelle raccomandazioni sono andate disattese.  Il prossimo UPR, steso nel 2015, sarà discusso e sottoposto alle Nazioni Unite nel maggio 2016 (2-11 maggio).

Libertà di espressione, di associazione, possibilità di costituire partiti politici e presentarsi alle elezioni, una nuova legge sulla violenza domestica, maggiori investimenti sull’istruzione e la salute. Sono queste alcune delle richieste contenute nel “report ombra “e che saranno portate in pre-consultazione di fronte alla Troika composta da Cuba, Costa d’Avorio e Emirati Arabi (che elaboreranno le raccomandazioni per il governo swazi) e ai molti diplomatici dei Paesi che hanno interessi o ruoli di rilievo per motivi politici ed economici nell’area: dall’India, allo Zimbawe, dal Brasile al Canada.

A rappresentare lo Swaziland, il più piccolo stato dell’Africa australe e ultima monarchia tradizionale del continente, i cinque attivisti:Dumezweni Dlamini, della Fondazione per la giustizia socio economica, Lomcebo Dlamini della Swaziland Coalition of Concerned Civic Organisations, Tanele Mkhabeka di SWAGAA (Swaziland Action Group Against Abuse) sui diritti delle donne e Zanele Thabede  diSuper Buddies Club per i diritti dei bambini e degli adolescenti oltre a un rappresentante di Lawyers for Human Rights Swaziland.

Il percorso ha visto in prima fila l’impegno di Lawyers for Human Rights (LHR) il coordinamento di COSPE nell’ambito del progetto “Fostering Communication and Cooperation amongs Non State Actors for Benefit of Swazi Civil Society”, la collaborazione di Amnesty International Sudafrica, SALC – Southern Africa Litigation Centre  eIBAHRI –  International Bar Association’s Human Rights Institute.

Il report della società civile e la ricezione delle raccomandazioni del prossimo UPR rappresentano rispettivamente un importante risultato e una grande sfida in un Paese dove ancora oggi la ricerca di un equilibrio fra sistema tradizionale e sistema moderno costituzionale lascia irrisolti nodi importanti rispetto al bilancio dei poteri, all’accesso pieno ai diritti e alla partecipazione democratica.21