Acqua come diritto umano e bene pubblico: violazioni, ritardi e (alcune) buone notizie

Sei anni fa l’Onu ha riconosciuto il diritto all’acqua come diritto umano, sottolineando che l’acqua è al centro di ogni attività umana: dalla sete, all’agricoltura fino alla salute l’acqua è un elemento che copre tutta la nostra esistenza. Eppure in cinque anni non siamo andati oltre le dichiarazioni di principio.

Tutti hanno bisogno dell’acqua per sopravvivere: ma ancora oggi a non tutti viene garantito pienamente questo diritto, e la sua distribuzione è tutt’altro che equa.

Nonostante la sua importanza, in tutto il mondo il diritto all’acqua viene calpestato, e la società civile deve sempre essere all’erta su molteplici fronti apparentemente molto diversi fra loro.

Fenomeni come quello del water grabbing ci ricordano come il nostro bene più prezioso sia troppo spesso considerato come un prodotto a scopo di lucro e non un bene comune, a cui tutte/i hanno diritto ad accedere. L’acqua infatti è un bene prezioso, che troppo spesso non viene equamente distribuito, a causa di un modello economico  neo-liberista che tratta le risorse come merci, e calpesta i diritti in nome del profitto.

L’acqua è diventata infatti “oro blu” in funzione della sua sempre minore disponibilità. La scarsità, tuttavia, non è una fatalità, ma è conseguenza di un modello di sviluppo che impatta pesantemente sui cicli naturali e sull’accesso alle risorse idriche, arrivando persino al loro accaparramento. Un modello economico improntato allo sfruttamento delle risorse naturali come forma di capitalizzazione. La domanda crescente collegata a una minore offerta trasforma una risorsa in un asset economicamente rilevante, favorendone il passaggio dalla privatizzazione della gestione e distribuzione dell’acqua fino al suo accaparramento e alla sua appropriazione a fini speculativi. La trasformazione di un bene comune disponibile in natura a basso costo in un bene commercializzabile, può tuttavia avere conseguenze devastanti per le comunità che spesso dipendono, per la loro sopravvivenza, dall’accesso libero a quella risorsa

Anche in Italia, l’acqua pubblica è perennemente a rischio di privatizzazione nonostante con il referendum del 2011 abbia espresso la volontà popolare di sottrarla alle logiche del mercato, per dare la gestione partecipativa di questo bene comune alle comunità e ai territori.

Ma su questo fronte ci sono anche delle buone notizie: oggi, nel giorno mondiale dell’acqua a Parigi si è costituita la più grande “Blue community” del mondo, e costituisce la prima esperienza del genere nell’unione europea

Le “comunità Blu” sono aree certificate che adottano una logica d’azione specifica, che consideri l’acqua come un bene che sia proprietà di nessuno, ma di responsabilità di tutti.

Questa giornata ci deve ricordare di non dare mai per scontata l’acqua, perché questa è un bene essenziale per la vita umana e per la natura, che deve essere gestita da principi che ne consentono un uso ragionevole, equo e responsabile al fine di preservarla per le generazioni future.

COSPE tramite i sui progetti e le sue campagne (in particolare con il progetto “Water Citizen” in Ghana, e la campagna internazionale che COSPE porta avanti contro il water grabbing) porta avanti la sua battaglia affinché l’acqua diventi un diritto universale. In particolare COSPE si è esposto in prima linea per la lotta dell’acqua, portando questo tema come punto cardine alla conferenza sul Clima di Parigi.

REPORT GHANA:  QUANDO L’ACQUA DIVENTA MERCE  ( ITALIANO E INGLESE)
SITO WATER GRABBING
PROGETTO “WATER CITIZENS” IN GHANA 

 

 

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