CAMPAGNA REFERENDARIA L’ACQUA NON SI VENDE

Nella Primavera scorsa 1.400.000 cittadine/i hanno firmato i referendum per ripubblicizzare l’acqua, firme dichiarate valide dalla Corte di Cassazione. Il 16 gennaio la Corte Costituzionale ha dato il via libera a due dei quesiti referendari. Sono stati ammessi il primo ed il terzo quesito: l’abrogazione dell’art.23 bis che obbliga i comuni a privatizzare l’acqua e le norme che inseriscono in tariffa la remunerazione del capitale. La sentenza della Corte smentisce l’ex ministro Ronchi che sosteneva di ottemperare alla attuazione di obblighi della comunità europea. Tale deliberazione avrà come diretta conseguenza dell’abrogazione referendaria, l’applicabilità immediata della normativa comunitaria la quale prevede la possibilità di gestione pubblica. Inoltre con l’eliminazione del riferimento all’adeguatezza della remunerazione del capitale investito,  si persegue la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua e da ciò ne consegue una normativa immediatamente applicabile. Gli italiani potranno decidere che l’acqua non si vende, perchè è un diritto umano e non una merce. E la sua gestione deve rispondere a criteri pubblici e non di mercato e di profitto.