Diritti umani e democrazia in Egitto

L’Italia si attivi con urgenza per l’emergenza democrazia e di diritti umani in Egitto. l’AOI (Associazione delle Organizzazioni Italiane di Cooperazione e Solidarietà Internazionale) chiede al Governo italiano un impegno concreto ed immediato nella protezione dei diritti umani e degli attivisti egiziani, con una sospensione temporanea dei flussi turistici verso l’Egitto attraverso il meccanismo dello «sconsiglio» governativo.

Di seguito il testo completo con tutte le richieste nel comunicato AOI.

Sempre più grave la situazione dei diritti umani in Egitto, molto peggiorata dal 2013 ad oggi, in particolare per quanto riguarda i diritti civili e politici. Sebbene le forze dell’ordine e i servizi di sicurezza abbiamo sempre goduto di molto margine di manovra, e durante la rivoluzione del 2011 si siano resi colpevoli dell’eccidio di quasi mille persone, il Paese ha vissuto dall’estate del 2013 un processo di normalizzazione e repressione che ha avuto il suo momento più tragico nello sgombero delle piazze Rābi‘a al-‘Adawiya e an-Nahdha, occupate dai sostenitori di Morsi, il 14 agosto 2013, che causò in un solo giorno la morte di un numero di persone equivalente alle perdite sofferte durante i giorni della rivoluzione. È un imperativo etico e morale il sostegno a tutta la società civile egiziana, che rischia in questo contesto di veder cancellati di fatto i propri diritti, a partire dalle stesse organizzazioni di donne che promuovono i diritti umani, l’empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni e alla violenza come punto focale di trasformazione e avanzamento della società intera.

La politica della presidenza di al-Sisi, che ha governato senza parlamento nazionale fino all’inizio di quest’anno, è stata quella di rimuovere il dissenso e liquidare l’opposizione politica, sia islamica che laica. I mezzi utilizzati sono i più diversi: dalla persecuzione amministrativa per presunta ricezione di fondi esteri1 , al sequestro di materiale e documenti, dalla messa al bando di organizzazioni civili con l’accusa di legami con il terrorismo, all’interdizione di viaggiare all’estero imposta a riconosciuti difensori dei diritti umani, dall’arresto arbitrario all’aggressione fisica degli attivisti. Le elezioni parlamentari di fine 2015, che hanno portato all’affermazione di formazioni pro-al-Sisi, hanno riscontrato un tasso di partecipazione attorno al 20-25%, rivelando la disaffezione della maggioranza degli egiziani verso il nuovo corso. È vero che l’Egitto si è dotato di una nuova carta costituzionale nel gennaio 2014, che ha emendato quella approvata sotto la presidenza di Morsi, ma la prassi del potere purtroppo si impone sui principi generali relativi a libertà e diritti adottati nella nuova carta.

Si parla di più di 40.000 prigionieri politici attualmente rinchiusi nelle carceri egiziane. Questa vera e propria ondata controrivoluzionaria è stata possibile anche grazie alla tutela internazionale di cui ha goduto la nuova presidenza, considerata strategica nell’arrestare il terrorismo islamico. Accanto a questa valutazione di carattere politico-militare, vi è stata un’intensa attività della diplomazia commerciale per assicurarsi lo sfruttamento delle risorse energetiche del Paese. Legittimando le politiche di al-Sisi, il nostro Governo ha creduto di poter tutelare l’Italia dalla minaccia terroristica e di assicurarsi delle partite energetiche importanti. Sul terrorismo, a causa delle restrizioni alla mobilità e all’informazione imposte dalle autorità locali, non è possibile sapere con esattezza cosa succeda in alcune regioni egiziane e chi veramente controlli o piloti le bande armate che vi si nascondono, al punto che quando alcuni ricercatori e attivisti hanno cercato di fare luce sull’attività terroristica in Sinai, sono stati arrestati3 . Sugli interessi commerciali, invece, la compagnia ENI si è certo assicurata lo scorso mese di marzo un contratto del valore di 4,5 miliardi € con l’Egitto per l’esplorazione di gas e petrolio, ma a quale prezzo?

Con questa iniziativa
– vogliamo dare sostegno alle campagne già in corso in favore delle libertà civili in Egitto quali «Human Rights Behind the Bars»4 , lanciata dalla rete Euro-Mediterranea per i Diritti Umani, e «Verità per Giulio Regeni», promossa da Amnesty International Italia.
– ci impegniamo a contribuire al dibattito politico in Italia sul ruolo che il nostro Paese sta giocando rispetto alla legittimazione del regime egiziano attuale, mobilitandoci sui seguenti obiettivi:

CON URGENZA

(a) – Attivazione da parte del Governo italiano di un meccanismo di protezione dei difensori dei diritti umani e degli attivisti egiziani presenti in Italia5 e di quelli che nel loro Paese lavorano con la società civile italiana ed europea. La centralità è la tutela giuridica e pressione politica da assicurare a tutto campo, a partire dall’attivazione di un fondo italiano di sostegno alle loro organizzazioni e attività in Egitto, che potrebbe essere gestito dall’ente europeo creato recentemente a questo proposito (European Endowment for Democracy);

(b) – Sospensione temporanea dei flussi turistici verso l’Egitto attraverso il meccanismo dello «sconsiglio» governativo, che tecnicamente impedisce ai tour operator di inviare viaggiatori per via del blocco delle assicurazioni, quale strumento di pressione sul regime egiziano perché vengano fornite veritiere e formali spiegazioni sul caso Regeni, assicurando alla giustizia i responsabili del crimine.

NEL MEDIO PERIODO

(c) – Liberazione dei prigionieri politici attuali, condizioni umane e dignitose di detenzione, cessazione del ricorso alla tortura, e riforma delle forze di polizia e di sicurezza egiziane, facendo leva sull’esperienza degli Interni italiani nella formazione e adeguamento delle forze di polizia e sicurezza al rispetto dei principi e delle libertà riconosciute dal Governo italiano;

(d) – Sospensione delle misure delle autorità egiziane contro le associazioni non governative indipendenti, a partire dalla fine dell’argomento dei «fondi stranieri alle ONG», che ha già costretto alla chiusura molte organizzazioni straniere operanti in Egitto ed è una permanente spada di Damocle sull’operato delle organizzazioni indipendenti egiziane;

(e)– Incoraggiamento di un processo per la «giustizia di transizione» in Egitto, come è avvenuto in Tunisia con la creazione della Instance Vérité et Dignité, che faccia luce sulla repressione perpetrata nei confronti dei civili dal 2011 ad oggi, sulle più gravi violazioni della dignità umana quali sparizioni e morti in carcere, e sul furto sistematico della ricchezza dello Stato da parte dei corrotti, per poter riconciliare l’Egitto con il proprio recente passato;

(f) – Continuità del programma Debt Swap tra Italia ed Egitto, se il debito non è ancora stato estinto, e coordinamento con programmi simili di altri Paesi europei, non solo in favore di progetti tesi al recupero della frattura economica e sociale tra ricchi e poveri che sta disintegrando la coesione interna dell’Egitto, ma anche con azioni nell’ambito della transizione democratica e del rafforzamento della società civile egiziana, avvalendosi dell’esperienza italiana in materia di processi partecipativi tra società civile e istituzioni (solamente nell’estate del 2015, il debito estero egiziano ha superato i 40 miliardi €6 );

(g) – Revisione delle clausole della cooperazione economica e commerciale, recente accordo ENI-Governo egiziano incluso, che si basi su parametri minimi di tutela dei diritti umani, rispetto della libertà di espressione e promozione della giustizia sociale ; elaborazione di precise linee guida per le attività commerciali e d’investimento estero, che assicurino coerenza con gli impegni e le convenzioni internazionali sui diritti umani sottoscritte dall’Italia, e identifichino le modalità opportune per il sostegno ai difensori dei diritti umani, attraverso il contributo della cooperazione allo sviluppo, delle ONG e della società civile in senso lato;

(h) – Rafforzamento della società civile democratica e indipendente egiziana quale una delle scelte strategiche della politica estera e di cooperazione italiana, dotandosi di vere e proprie infrastrutture e spazi di scambio, promozione, formazione e valorizzazione delle pratiche più innovative e coraggiose quali: un forum di incontro e scambio dei movimenti democratici del Mediterraneo, un istituto di formazione e formulazione di strategie per l’attivismo e la cittadinanza attiva nel Mediterraneo, un servizio di assistenza giuridica e istituzionale; attività di promozione di media indipendenti di giornalismo di cittadinanza;

Per questo:

1) Ci rivolgeremo al Parlamento per chiedere di esporre queste proposte ed al Governo affinché apra un tavolo di azione concertata con i rappresentanti della società civile italiana

2) Metteremo a punto iniziative per la raccolta fondi e la messa in rete di competenze e capacità necessarie per la difesa degli attivisti minacciati in Egitto

3) Ci rivolgeremo alla stampa, proponendo un’inchiesta televisiva da negoziare con un canale televisivo italiano, sulla situazione corrente dell’attivismo politico e sociale in Egitto: diffonderemo articoli e contributi dei media egiziani indipendenti Egitto e diritti umani violati nel 2015

– Alcuni dati –

434 organismi della società civile dichiarati illegali alla data di luglio 2015 (fonte: The Guardian, 2015) –

464 attivisti scomparsi nel 2015 (fonte: Al-Nadeem Center for the Rehabilitation of Victims of Violence) – 1676 casi di tortura registrati nel 2015 (fonte:Al-Nadeem Center for the Rehabilitation of Victims of Violence) –

267 persone giustiziate dalle forze dell’ordine senza sentenza della magistratura nel 2015 (fonte: Arab Organization for Human Rights in the UK) –

17840 persone arrestate per ragioni politiche nel 2015 (fonte: Arab Organization for Human Rights in the UK). –

1978 sentenze di ergastolo nei confronti di oppositori politici nel 2015 (fonte: Arab Organization for Human Rights in the UK) – circa 700 sentenze di pena capitale, anche se la sentenza non è stata ancora eseguita, emesse nel 2014 e 2015 nei confronti di esponenti dei gruppi di opposizione al regime, soprattutto dei Fratelli Musulmani (fonte: Al Jazeera) –

3091 persone uccise durante le operazioni anti-terrorismo delle forze militari egiziane in Sinai nel 2015 (fonte: Governo egiziano) –

Avvio o completamento di modifiche in forma repressiva di diverse leggi sulle libertà civili, tra cui: legge anti-terrorismo, riconoscimento e registrazione delle associazioni, regolamentazione delle manifestazioni, regolamentazione delle pubblicazioni su tutti i canali, collaborazione e ricezione di fondi da organizzazioni straniere (varie fonti)

In allegato il comunicato