E’ Primavera?

Da Mostar la testimonianza di Gianni Gravina, responsabile Bosnia e Montenegro per COSPE.

Le proteste sono partite da Tuzla lo scorso giovedì 6 febbraio. Centinaia di lavoratori a rischio disoccupazione sono scesi in piazza per protestare contro le politiche di privatizzazione di alcune grosse imprese statali. La modalità per arrivare alla privatizzazione è sempre la stessa, in tutto il mondo: far scendere al minimo il valore delle imprese, per poterle vendere a prezzi molto bassi, favorendo gruppi di interesse collusi con le amministrazioni locali e nazionali. I lavoratori di Tuzla hanno chiesto, ed ottenuto, le dimissioni del Governo Cantonale, che è stato, per il momento, sostituito da una “dieta” cittadina composta parzialmente da politici ritenuti non coinvolti nella corruzione dilagante, cittadini e accademici. La “dieta” si è data il compito di formulare proposte e soluzioni per avviare finalmente il “buon governo” della cosa pubblica. L’esempio di Tuzla è stato seguito dalle altre città della Bosnia Erzegovina: Sarajevo, Zenica, Bihac, Mostar, Livno. In tutte queste città sono state bruciate le sedi dei governi cantonali, ritenuti evidentemente i maggiori responsabili della corruzione, le sedi dei partiti nazionalistici (SDA e HDZ), gli uffici comunali e, a Sarajevo, il palazzo della Presidenza della Bosnia Erzegovina (e l’archivio di Stato, con la perdita di documenti di grande valore storico).

La protesta ha provocato le dimissioni dei Governi Cantonali di Tuzla, Sarajevo, Zenica e Una-Sana. A Mostar, Lunedì, c’è stata una breve e pacifica manifestazione convocata per l’una del pomeriggio nella centrale Piazza di Spagna. C’erano circa trecento persone, soprattutto giovani e donne, che ascoltavano applaudendo e condividendo le otto richieste avanzate dall’iniziatore della protesta, colui che tutti chiamano Musciza, che vuol dire Zanzara. Musciza chiede principalmente le dimissioni di tutti i funzionari e politici attualmente in carica nelle strutture comunali, nel Governo Cantonale, nel Governo Federale così come quelle dei membri della Presidenza Tripartita, richiede infine il dimissionamento di tutti i rappresentanti dei Consigli di Amministrazione delle imprese pubbliche nominati dai partiti politici. Insomma un totale repulisti che lasci spazio a nuove figure appositamente formate. La “zanzara” chiede inoltre la libertà di poter manifestare e di conseguenza la liberazione di tutti i manifestanti arrestati o sotto processo. Da oltre sei mesi, Musciza aveva cominciato la sua personale protesta contro la corruzione a Mostar esponendo lungo il Boulevar Narodne Revolucije (Rivoluzione Popolare), la strada principale di Mostar che fu la linea del fronte durante la guerra 1992-1995, i suoi cartelli scritti a mano denuncianti la corruzione della politica e delle amministrazioni ed incitando, se non alla rivolta, quanto meno all’indignazione. La protesta in atto riguarda esclusivamente le città della Federazione della Bosnia Erzegovina (o Federazione dei Croati e dei Bosniacchi) e ha avuto lontani echi a Banija Luka, capitale della Repubblica Srpska.

Qual è la percezione di uno straniero, che frequenta la Bosnia Erzegovina da quasi 20 anni – dal dopoguerra – di questa che sembra una sana e necessaria “rivolta di popolo” (Narodne Pobuna) contro la corruzione? Di questa che è già stata definita “Primavera Bosniaca”? Oltre a rammaricarmi per non aver mai imparato il Bosniaco in tutti questi anni, cosa che mi avrebbe permesso di leggere i giornali e di seguire i dibattiti alla televisione senza mediatori, l’impressione è che finalmente si sia svegliata una coscienza civica nella società civile; i cittadini, ancora disorganizzati, decidono di far sentire la loro voce scendendo in piazza. Avranno tempo e modo di organizzarsi, troveranno nelle ONG e Associazioni locali oneste esistenti il megafono delle loro proteste e, finalmente, potranno far rispettare i loro più basilari diritti democratici. Se non che alcune considerazioni sono d’obbligo.

La prima è che nel 1992 a Sarajevo ci fu una grande manifestazione di cittadini e lavoratori delle aziende statali davanti al Parlamento. I cecchini di Karadzic spararono sulla folla uccidendo alcune persone. I nazionalismi si impossessarono così della protesta, dividendo i cittadini, avviando la divisione etnica della Bosnia Erzegovina che perdura ancora oggi.

La seconda è che sabato scorso, il giorno dopo le proteste che avevano portato all’incendio delle sedi governative in varie città, il premier Croato Milanovic si è recato a Mostar per visitare le sedi politiche danneggiate e portare il saluto della Croazia, commettendo quanto meno una “gaffe” (per usare un eufemismo) diplomatica. Perché il capo del Governo di un altro Paese (per di più giovane membro dell’Unione Europea) sente il bisogno di recarsi in una città di un altro Stato senza incontrare un suo “pari grado”? Forse è andato a supporto di quanti ancora, a 20 anni dalla fine della guerra, sono nostalgici della mai creata “Terza Entità” dei Croati di Bosnia, la Herceg Bosna? Allo stesso tempo, il premier della Repubblica Sprska Dodik, si è recato a Belgrado per incontrare il vice-premier del Governo Serbo Vucic. Perché? Forse perché Belgrado intende sempre sostenere il sogno separatista/indipendentista dei serbi di Bosnia Erzegovina? Infine, l’Alto Rappresentante della comunità internazionale in Bosnia Erzegovina, Valentin Inzko, che ha ancora un ruolo fondamentale per superare le empasse della politica in Bosnia Erzegovina, ha dichiarato che, in estrema ratio, l’Unione Europea potrebbe anche intervenire in funzione di evitare ogni contrapposizione, salvo poi specificare che si tratta solo di un’ipotesi.

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