EGITTO: VERSO LA DEMOCRAZIA

COSPE lavora in Egitto fin dal 1998 per favorire il dialogo interculturale, le pari opportunità e l’accesso ai diritti.
Il suo intervento comincia con azioni a sostegno dell’artigianato tradizionale, indirizzate alla sua crescita qualitativa e alla sua commercializzazione attraverso i canali del commercio equo e solidale.
Dal 2004 COSPE ha allargato il suo impegno alle associazioni locali realizzando specifici programmi di formazione, advocacy, istruzione e formazione professionale. Altre attività si sono aggiunte a partire dal 2005, grazie alla collaborazione con i Ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente e con i programmi bilaterali e le iniziative di cooperazione allo sviluppo, nei settori dell’agricoltura organica, della protezione dell’ambiente, del turismo sostenibile e dell’eco-turismo.
Attualmente COSPE lavora nell?ambito del patrimonio culturale, l?ambiente, lo sviluppo comunitario attraverso le associazioni locali in 17 Governatorati.
In particolare COSPE ha definito come obiettivo strategico per i prossimi anni il lavoro sui diritti dei bambini e delle bambine e delle donne.

Silvia Ricchieri responsabile Egitto per COSPE era al Cairo i primi giorni della protesta del popolo egiziano contro il Governo Mubarak. Alcuni dei nostri colleghi egiziani erano in piazza. Quello che segue è  il racconto di Silvia, le sue impressioni, le idee, le informazioni che le arrivavano -quando internet e il cellulari lo permettevano- nei giorni cruciali della protesta: tra manifestazioni pacifiche e dure repressioni. Ancora oggi la situazione ? incerta e la stiamo seguendo dall’Italia. A breve vi daremo aggiornamenti anche sulle iniziative che faremo da qui per aiutare la società civile che lotta per la pace, i diritti e la democrazia.

31 Gennaio

Mi alzo all’alba.
Come sempre guardo dalla mia finestra il Nilo che si tinge di rosa e il Cairo che si stende sonnacchioso fino a Eliopolis. Ma oggi c’è molta nebbia e vedo solo il fiume e il Lungo Nilo con l’edificio del Centro commerciale Arcadia annerito dal fumo, che ancora brucia.
In tutti i quartieri la popolazione si è organizzata per evitare vandalismi e saccheggi e stanotte è stata calma, l’assenza di urla e di botti dimostra l’efficacia dei comitati di rione ma certo non hanno gli idranti. Ci sentiamo con Lara, la mia collega, e decidiamo di uscire. E’ la prima volta dal venerdì nero egiziano, quello in cui la polizia ha ucciso oltre pacifici 500 manifestanti al Cairo, Alessandria e Suez e che per questo passerà alla storia come il giorno in cui gli egiziani si sono arrabbiati davvero.

Zamalek è tranquilla, molti negozi sono aperti, macchine per strada, traffico regolato dai cittadini. I taxi ci suonano come sempre hanno fatto per offrirci una corsa. Ci chiediamo se ci porterebbero alla piazza Tahrir. Probabilmente sì.
Sulla strada principale, la “26 luglio”, vediamo due vigili tornati a lavoro. Ma salendo sul ponte del 26 luglio che da Zamaleck porta a Down Town lungo il Nilo e poi a Tahrir vediamo il Lungo Nilo alla nostra destra chiuso presidiato dai carriarmati che cominciano davanti al Ministero degli Affari Esteri e continuano a perdita d’occhio.

Non ci sono altre strade per arrivare a Tahrir e Asmaa, Walid e altri ragazzi, nostri conoscenti, ci hanno semplicemente dormito. Li chiamiamo e ci raccontano che la polizia si è presentata ma l’hanno cacciata. Il risentimento è grande. L’esercito con i suoi carriarmati non ha reagito.

Torniamo a passeggiare a Zamaleck. andiamo a controllare l’ufficio . Il portiere ci fa vedere come ha preso le dovute misure di sicurezza. Un lato del blocco è chiuso e barricato l’altro è animato dai piccoli negozi.

Proseguiamo e andiamo al “Bar Arabica” per bere un succo e facciamo la spesa. Il supermercato non più tanto fornito non è ma ci sono i beni di prima necessità e anche il cibo per il mio gatto. Faccio scorta.

Sulla seconda strada dello shopping, la lsmail Moahmmed, incontriamo un gruppo di 5 ragazze che tentano di coinvolgerci con una ramazza “Dobbiamo pulire Zamaleck” ci dicono!! Per strada incontriamo anche la signora francese che ha il ristorante al Centro Commerciale che ci invita a salire e così andiamo pure la ristorante e mangiare quiche e insalata.

Alle 14 ci ricorda che oggi il coprifuoco inizia alle 15 e non alle 16 e quindi ci prepariamo a rientrare. Mi prendo gli antibiotici per questo mal di gola diventato tonsillite e torno a casa. Tranquilla che, se questi governati irresponsabili, eviteranno di fare massacri ulteriori, gli egiziani non hanno ancora perso la testa.

01 Febbraio – La marcia del Milione

Oggi giorno della grande marcia e speriamo pacifica.
I negozi sono quasi tutti chiusi. Mi preparo ad andare in piazza. Asmaa, mi chiama: servono ancora soldi per cibo e coperte per i manifestanti che presidiano la piazza e medicine per i feriti che hanno ancora bisogno di cure.

Con le mie colleghe, Lara e Sara, mettiamo insieme 2mila lire egiziane, 250 euro, per portarli al centro organizzativo Isham Mubarak, nessuna relazione con il presidente, a Down Town. Saliamo e troviamo Asmaa preoccupata per il fidanzato, Malek, arrestato dall?esercito durante la notte per aver violato il coprifuoco, con 50 coperte appena comprate per i manifestanti di Tahrir.

Asmaa pensa che l?esercito non torturi la gente, i legali sono già a lavoro, ma la preoccupa non sapere in quale prigione è detenuto.
Noi, insieme a Karim un ragazzo ventenne che lavora con il Developpemnt Social Centre ci dirigiamo finalmente verso piazza Tahrir.
Le grandi arterie che entrano nella piazza, ora svuotate di traffico, fatto straordinario anche questo, sono bloccate sul piano stradale da un carro armato con 4 o 5 soldati in tuta mimetica ciascuno.
L’entrata è dal marciapiede presidiato da gruppi di organizzatori che controllano chi entra nella piazza . Donne sulla destra e uomini sulla sinistra, hanno messo su un sistema di perquisizioni efficienti: ti controllano le carte di identità o il passaporto “Welcome” mi dicono quando vedono che siamo stranieri.
Ma c’è preoccupazione, il partito di Mubarak ha dichiarato una contro manifestazione e se cui sono degli infiltrati in questa nostra potranno lanciare uno scontro con quella opposta e sarà difficile tenere la gente. Quando entriamo nella piazza non abbiamo più dubbi, siamo sardine stipate in una piazza che tiene circa un milione. Le strade di affluenza sono tutte piene.

C’è chi canta, chi grida slogan chi prega l?uno o l?altro dio a mani giunte o a mani alzate. Quasi metà sono donne, oppure padri con bambini in collo o sulle spalle.
Mi danno un volantino “contribuisci a tenere la piazza pacifica non accettare provocazioni di nessun tipo”.
Qui non c’è spazio per la contro manifestazione e il programma prevede una marcia fino al palazzo presidenziale, la marcia del milione e lì potrebbero esserci pericoli.

In piazza tanti cartelli uno dice “Dimissioni di Mubarak” un altro “Giustizia per i morti di venerdì 28 gennaio” e un altro ancora “Elezioni democratiche libere e trasparenti.” Fra i cartelli più ironici: “Leave and let live” “Lascia e lascia vivere” e “ormai te lo dicono tutti, sei sordo?” inizia la preghiera e la gente si fa un po’ di spazio per chinarsi in un quadratino, scompare il corridoio aspettiamo ma metà non si china, non sono tutti poi cos? religiosi, e la preghiera non dura più di 5 minuti e poi ricominciamo a muoverci .
Poi decidiamo di avviarci a casa. Sara che abita vicino rimane in piazza e poi ci chiama “hanno cancellato la marcia al palazzo, hanno pensato che una folla di due milioni poteva bastare, non vogliono rischiare di incrociare la contro manifestazione. Noi, a piedi verso Zamalek, continuiamo a costeggiare per strade interne le grandi arterie piene di manifestanti. Sul ponte “26 luglio” troviamo due signori con un cartello “Svegliatevi manifestanti” e ci spiegano che i manifestanti sono strumentalizzati, sarà questa la contro manifestazione” Ma una signora elegante con una piccola croce di brillanti al collo si ferma li ascolta e poi dice “no Mubarak se ne deve andare”.

02 Febbraio – Contro-Rivoluzione

Dopo la meravigliosa manifestazione di ieri, pacifica, numerosa, forte, il discorso di Mubarak a mezzanotte con i suoi messaggi insistenti sulla sicurezza, l’allusione ai manipolati da forze politiche, la sua arroganza faraonica e poi il discorso di Obama che gli chiede di parlare con l’opposizione.
Ci chiediamo a chi si riferisca? Insomma mi sono svegliata con grande inquietudine, ma ancora stamani, quando Lara ha deciso di trasferirsi a casa mia, tutto era tranquillo.
Abbiamo fatto il trasloco e poi ci siamo avviate di nuovo verso piazza Tahrir dove ci aspettavano gli altri.

Uscite di casa ci siamo dirette verso la strada principale, la “26 luglio” , lì ci siamo imbattute in un corteo composto tutto da uomini tra i 25 e i 40 anni, armati di bastoni.
Centinaia di uomini.
Avevano cartelli con la faccia sorridente di Mubarak, inneggiavano al presidente e ci guardavano in cagnesco mentre sbattevano i bastoni sulle inferriate e le transenne. Si stavano dirigendo, loro sì, in piazza Tahrir e avevano già conquistato il ponte 26 luglio e la zona Mohandesin.
Siamo state noi ad avvisare i nostri amici in piazza. “Mettetevi al riparo” abbiamo detto alla nostra amica Sara. Asmaa è ancora irraggiungibile e non sappiamo dove sia finita.

Noi siamo tornate a casa. Scosse e frastornate. Vediamo dalla finestra decine e decine di pick-up carichi di uomini urlanti, che viaggiano verso la piazza delle manifestazioni.
Ci colleghiamo a internet, la battaglia è in corso, e qualche scaramuccia è stata vinta perchè i manifestanti sono riusciti a strappare agli attaccanti alcune carte d?identit? che dicono che sono poliziotti. “Ecco allora dov?era finita la Polizia”, ci viene da pensare.
Pensiamo a delle vere e proprie “squadracce” che adesso stanno massacrando i manifestanti spacciandosi per una fazione pro-Mubarak.

Oggi sentiamo anche tanta gente stanca che ci dice “basta manifestazione”, basta banca chiuse, basta scarsità di viveri, di benzina, di lotta contro i saccheggiatori.

03 Febbraio

Ieri , con l’inasprirsi della situazione, abbiamo deciso che rientrare in Italia per qualche giorno sarebbe stato meglio e probabilmente più utile per tutti: al Cairo tra il coprifuoco e gli scontri in piazza ci sentivamo bloccate e un po’ impotenti.

Ieri pomeriggio io Lara abbiamo cercato i biglietti tramite mio marito in Italia e ce l’abbiamo fatta a prenotare due posti sul volo di oggi alle 13 per Roma. Stamani le strade di Zamalek erano tornate un po’ tranquille.
I soliti carri armati che ci guardavano dal ponte “26 luglio”, qualche militare e poca gente per strada. Il taxi ha dovuto fare un giro largo, passando da Giza a sud dell?isola di Zamalek , per arrivare all’aeroporto scansando i luoghi caldi.

Sul nostro volo eravamo in molti, in gran parte turisti a cui hanno interrotto le vacanze e altri che come noi lavorano al Cairo.
Un volo è stato cancellato e il nostro ha un?ora e mezzo di ritardo, ma tutto il resto, come i controlli, abbastanza di routine.

Le ultime notizie prima di imbarcarci sono che i nostri amici stanno bene, ma purtroppo non sono riuscita a risentire Asmaa che ieri notte ha inviato un appello via mail a tutti i conoscenti in arabo e in inglese in cui chiedeva aiuto e sostegno internazionale perchè il popolo egiziano e i manifestanti pacifici non fossero lasciati soli, nelle mani di gruppi armati, mobilitati dal regime che stavano preparando una carneficina.
In effetti sappiamo che ci sono stati spari sulla folla e lanci di molotov.

Negli ospedali dicono 15 morti nella notte, ma temiamo che siano molti di più delle stime ufficiali, Asmaa parla di 500 feriti. Noi speriamo di rientrare presto.