GIALLONERO: “L’ALLIGATORE” INDAGA

Intervista a Massimo Carlotto
A cura di Caterina Gerardi
categera@yahoo.it

Il genere giallo da tempo ha smesso di essere considerato genere d’intrattenimento. Al contrario oggi ricopre sempre più spesso un ruolo che classicamente ? attribuito al giornalismo, ovvero quello di raccontare la realtà, l’attualità, la politica. Cosa è cambiato?
In realtà la gran parte degli autori continua a produrre letteratura d’intrattenimento di alto livello. La minoranza ha deciso di sfruttare le potenzialità del genere per scrivere romanzi “sociali”. Alcuni usando il passato come metafora del presente (New Italian Epic), altri affiancando l?inchiesta (anche giornalistica) all’invenzione romanzesca, con l’intento di raccontare storie negate dai media.

Può il mondo della criminalità essere specchio della società?
Questa socieà è criminogena nel senso che produce crimine e difese anticrimine in una spirale senza fine. La criminalità era lo specchio della società, oggi ne è la spina dorsale.

Crede che i lettori riescano attraverso i suoi personaggi ad avere una maggior presa di coscienza anche sulla realtà? Li costringe a pensare?
Il mio lavoro si basa proprio su questo: offrire al lettore un romanzo di genere con cui divertirsi e allo stesso tempo una serie di informazioni in grado di creare coscienza e suggerire domande. Spesso questo tipo di progetto presuppone la necessità di creare un conflitto tra autore e lettore.

Può accadere anche il contrario, ovvero che poi gli stessi argomenti di attualitàtrattati diventino così “romanzeschi”, ovvero lontani, irreali e soprattutto irrisolvibili da perdere di significato?
Non mi è mai accaduto. Credo sia dovuto al fatto che mi limito a raccontare il reale, senza oltrepassare mai il confine della credibilità.

Spesso dai critici i suoi libri vengono messi sulla scia di Izzo, la cui caratteristica è la crudezza con cui si susseguono gli eventi. Lei a questo aggiunge anche fosche ambientazioni e problematiche sociali molto spesse, come in “Il maestro di nodi”. Voglia di provocazione o reale pessimismo?
Nè una, nè l’altro. I miei progetti letterari puntano a raccontare storie che illuminino fette di realtà.

Qual è la causa comune della violenza nelle sue storie? Cosa la genera?
La violenza fa parte dell’agire criminale. Nei miei romanzi non c’è invenzione sul piano della violenza. Descrivo morti vere, attraverso la versione romanzata di autopsie. Il fatto è che così spesso risultano più crudeli.

Il genere Noir è spesso ambientato nei borghi e nei sobborghi di citt? e province. C’è più umanità in questi luoghi o sono semplicemente più “intriganti”?
Il “luogo” nella letteratura di genere europea è diventato di fatto un personaggio da raccontare e gli scrittori hanno capito che dovevano ambientare i romanzi nei “loro”  territori, quelli in cui vivono e lavorano.

L’Alligatore è un investigatore senza dubbio singolare, ci spiega il perchè? Quanto c’è di autobiografico in questa singolarità?
Di autobiografico c’è ben poco. L’Alligatore è nato dalla necessità di non avere a che fare con un personaggio legato alle istituzioni che mi obbligasse a “verità” altrettanto istituzionali.

Al festival della letteratura di Roma Lei ha detto che la narrativa d’inchiesta nasce dalla necessità di risolvere un problema. Ma lo risolve veramente?
In parte. E lo dimostra il fatto che i lettori italiani, fenomeno unico in Europa, consigliano ai loro autori di riferimento i casi da investigare nei romanzi. Il giornalismo d’inchiesta è morto e sepolto. Ora c’è il romanzo d’inchiesta, con tutti i suoi limiti ma con qualche pregio evidente.

Nei suoi ultimi libri sulle ecomafie c’è un binomio indissolubile tra criminalità e ambiente, dove la criminalità organizzata non rispetta più alcun codice etico ma guarda solo agli interessi economici. Al contrario un certo codice morale nelle vicende dell?Alligatore permane. Perchè questa scelta di cambiamento?
Perchè la criminalità globalizzata, nella sua stratificazione per livello di cultura, si comporta come le multinazionali e quindi senza alcun codice o regola di riferimento. Il codice dell’Alligatore serve solo a ricordare la differenza tra passato e presente per mettere in evidenza le trasformazioni.

I critici dicono che la sua letteratura racconta la società. Condivide? E quali pensa siano i problemi in Italia oggi?
Racconto l’Italia di oggi, le sue contraddizioni e metto in evidenza quello che secondo me è il problema più grave e cio? la sempre più stretta connessione tra culture criminali e ambienti dell’imprenditoria, della finanza e della politica. La corruzione ormai è a livelli sudamericani.

Secondo lei com’è lo stato della letteratura in Italia oggi?
Rispecchia il paese e si fa poco o nulla per arginare l?erosione della massa dei lettori (anche dei giornali) determinata dalla cultura televisiva. Si resiste in attesa di tempi migliori.

Conosce Padura Fuentes? Ce ne parla?
Ho conosciuto Leonardo in occasione di un viaggio a Cuba con altri scrittori italiani. Mi ha subito colpito la sua precisione nel lavoro e la sua determinazione nel raccontare la sua patria (il termine non è casuale) con lo strumento del romanzo poliziesco. Poi ho letto e amato i suoi romanzi. Nel corso degli anni ci siamo incontrati altre volte in Italia e all’estero. E’ una bella persona, piacevole, colta e gentile.

Massimo Carlotto è nato a Padova nel 1956 e vive a Cagliari. Tra i maggiori autori europei di noir, ha esordito con Il fuggiasco (e/o, 1995), cui è seguita la fortunata serie dell’Alligatore, che comprende: La verità dell’Alligatore, Il mistero di Mangiabarche, Nessuna cortesia all’uscita, Il corriere colombiano e Il maestro di nodi, tutti pubblicati dalle Edizioni e/o. Tra i suoi successi più recenti Arrivederci amore, ciao (2003), Nordest (2005, scritto con Marco Videtta), Cristiani di Allah e Perdas de fogu con i Mama Sabot (2008). Con Francesco Abate ha pubblicato Mi fido di te (Einaudi, 2007).