Il diritto all’acqua nella nuova Agenda ONU 2030. Che fine fa?

Si è svolta a Roma il 5 Aprile 2016 al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione la giornata di approfondimento – “La Nuova Agenda ONU per lo Sviluppo Sostenibile 2030 e il dibattito verso un diritto umano all’Acqua” – organizzata dal Comitato Interministeriale per i Diritti Umani del ministero degli Esteri e della Cooperazione e dalComitato italiano per il Contratto mondiale sull’acqua (Cicma).

Obiettivo dell’incontro – coordinato dal Ministro Plenipotenziario Gianludovico De Martino è stato  l’approfondimento degli approcci di ”accesso universale  all’acqua come diritto umano” alla luce degli obiettivi di sviluppo sostenibile Agenda-2030 a partire dalla visione delle istituzioni sovranazionali (Nazioni Unite, Europa, Vaticano) per poi passare alle esperienze in atto a  livello di legislazioni nazionali e identificare il contributo che l’Italia può dare nella implementazione del diritto umano all’acqua, in un contesto mondiale in cui ancor oggi:663 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua potabile; 2,5 miliardi di persone non hanno accesso a servizi igienici di base; nel 2030 i rifugiati climatici causati dal mancato accesso ad acqua e cibo, raggiungeranno i 250 milioni di persone.

Hanno partecipato ai lavori parlamentari italiani ed europei, giuristi di diritto internazionale delle Università di Trento, Napoli e Milano, specialisti del settore, rappresentanti delle ONG e la presidenza del CICMA. I lavori sono stati introdotti dal Sottosegretario agli Esteri,Benedetto della Vedova, che ha sottolineato l’importanza dell’accesso universale alle risorse idriche come condizione per assicurare altri diritti umani inalienabili, tra cui quello all’educazione, al lavoro e alla salute; si sono poi articolati in quattro sessioni: il dibattito sul diritto all’acqua nel contesto internazionale; l’acqua nelle legislazioni nazionali; l’esperienza italiana; verso il diritto umano all’acqua: proposte a confronto.

( …) in particolare nella quarta sessione si è affrontato l’approccio e le modalità con cui implementare il riconoscimento del diritto umano all’acqua. Il Presidente del Cicma Rosario Lembo ha ricordato che a 6 anni dalle due risoluzioni, quella ONU del luglio 2010 e quella del Consiglio dei Diritti Umani, nonostante il diritto all’acqua e ai servizi igienici sia stato riconosciuto come un diritto “universale, inalienabile, autonomo e specifico, presupposto per tutti gli altri diritti”, nessun Paese, neanche i 40 Stati che hanno introdotto nelle costituzioni o legislazioni il diritto all’acqua, hanno adottato strumenti e modalità per garantire ai cittadini un minimo vitale di acqua di buona qualità.

In contrasto con le obbligazioni assunte approvando la risoluzione, l’atteggiamento adottato nel corso delle definizione della Agenda 2030 è stato quello di eliminare ogni riferimento al diritto umano all’acqua e di sostenere l’approccio, sollecitato dalle imprese private, di dare valore economico all’acqua e quindi di derubricare il diritto umano all’acqua in diritto “economico e sociale”. La modalità per garantire l’accesso universale (non il diritto) all’acqua è un prezzo di mercato accessibile e un modello di gestione “economicamente” sostenibile.

Se dovesse prevalere questa nuova visione di trasformazione del diritto umano all’acqua, cioè del diritto alla  vita di ogni essere vivente, in un “diritto di accesso attraverso un prezzo di mercato”, quindi affidato al poter di acquisto di ciascuno, i poveri non avranno mai accesso all’acqua.  (…)

Scompare quindi il diritto all’acqua del cittadino che si vede riconosciuto solo quello di “consumatori” o “utenti” attraverso le Carte dei servizi accessibili attraverso un prezzo equo. E’ per contrastare queste criticità che è necessario proteggere e salvaguardare il riconoscimento del diritto umano all’acqua attraverso l’adozione di uno strumento di diritto internazionale che sia cogente, che traduca in norme vincolanti come garantire il diritto ad un minimo vitale di acqua potabile, sottraendolo la interpretazione alla volontarietà degli Stati, uno strumento che renda effettiva e praticabile a chiunque la giustiziabilità della violazione subita dallo Stato e dai privati, che introduca il meccanismo di solidarietà internazionale, attraverso un Fondo per sostenere quegli Stati che non hanno le risorse per garantire l’accesso all’acqua.

Lo strumento di diritto internazionale più appropriato per garantire il diritto umano all’acqua è stato identificato in un Secondo Protocollo opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Economici. Sociali e culturali (PIDESC) specifico sul diritto umano all’acqua e ai servizi igienici.

Per esercitare una pressione sugli Stati e per creare un consenso a sostegno della adozione di un Protocollo Internazionale è stata lanciata una Campagna internazionale di Mobilitazione della società civile “WaterHumanRightTreaty    

(…) L’invito è quindi a diventare difensori civici del diritto all’acqua  aderire come sostenitori alla Campagna  internazionale di mobilizzazione della società civile “Waterhumanrighttreaty” attraverso il sito   del Comitato (www.contrattoacqua.it) o quello della Campagna  (www.waterhumanrighttreaty.org)

Gli interventi dei relatori  visionabili su    http://bit.ly/1McYXIC

 In allegato il comunicato stampa integrale

A California water activistPhoto: UUSC/Flickr

www.watergrabbing.net

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