‘LA QUESTIONE AMBIENTALE AL CAIRO’ DI NICOLA CAMERUCCIO

Nel seguente articolo Nicola Cameruccio racconta la sua esperienza di volontario COSPE nell’ambito del progetto “CAIRO NORD – Lotta alla povertà e al degrado ambientale. Azioni positive per l’ambiente, la salute, le condizioni di vita a Cairo Nord?, realizzato con il sostegno della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) del Ministero degli Affari Esteri (MAE), mettendo in evidenza le problematiche legate alla questione ambientale e le responsabilit? individuali e collettive che la caratterizzano.

?Al Cairo, l’area metropolitana più popolosa del bacino Mediterraneo, la questione ambientale è urgente e di primaria importanza. I livelli di traffico, smog e la scarsa pulizia delle strade sono le prime cose che colpiscono il visitatore una volta oltrepassato il più salubre quartiere di Heliopolis, zona ricca e meno densamente urbanizzata, che separa l’aeroporto dal resto della città. Diversi sono i fattori che intervengono a creare l’attuale situazione. Su tutti certamente e? determinante la sovrappopolazione e la scarsa “coscienza civica”, diremmo noi, in fatto di inquinamento e rispetto dell’ambiente. Fattori questi che, combinati, mettono in crisi i sistemi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, le condizioni dell’aria, delle falde acquifere e del Nilo.

Nonostante la situazione di costante emergenza ambientale, il tema è poco trattato dai media e scarsamente presente negli argomenti di discussione quotidiani. La popolazione pu? dare l’impressione, in parte erronea e riduttiva, di non curarsi affatto dello sporco e dell’inquinamento. Le generazioni pi? giovani, in certi casi, possono essere addirittura le meno sensibili perch? abituate sin dalla nascita a questa situazione, peggiorata negli ultimi venti anni.

Tutto ci? chiama in causa la percezione del rischio associato a determinati comportamenti da parte del cittadino medio. Una componente culturalmente definita, che cambia a seconda dei diversi contesti e paesi. I dati sanitari ed economici sulle conseguenze per la salute di tali condizioni ambientali non sono di dominio pubblico, o perlomeno non raggiungono il senso comune della gente riguardo alla tutela della salute. La grande maggioranza degli abitanti della metropoli e’ assorbita da preoccupazioni più contingenti, quali mettere insieme uno stipendio per il sostentamento di famiglie spesso numerose. Il Governo sembra non avere la volontà di diffondere la coscienza del problema, di difficile e non immediata soluzione, nella popolazione già afflitta da molte difficolt? quotidiane e disillusa nei riguardi della loro risoluzione da parte di chi ha potere di prendere delle decisioni.

La disaffezione alla politica, anche e soprattutto intesa come gestione della cosa pubblica, dovuta al decennale perdurare di uno stato totalitario, corrotto e esasperatamente burocratizzato (perciò incapace a risolvere i problemi quotidiani) ha generato una de-responsabilizzazione personale che tende ad attribuire le colpe delle disfunzioni del paese maggiormente al Governo, o genericamente agli “altri”, considerati spesso come meno consapevoli o responsabili. Ciò da vita ad una forma particolare di individualismo che, distinguendo troppo drasticamente tra la dimensione pubblica e quella privata, non facilita il rispetto e il senso di appartenenza per lo spazio al di fuori della porta di casa.

Il riconoscimento di un problema o di un disagio legato all’inquinamento indubbiamente esiste, ma la stessa percezione dei rischi connessi al degrado ambientale, appare essere distorta o poco chiara, soprattutto da parte degli strati sociali meno istruiti, considerati responsabili della cattiva situazione dagli strati più abbienti della società, perchè ignoranti e dai comportamenti dannosi per sèe per gli altri. Questo paradigma è spesso accettato anche da quegli stessi strati sociali chiamati in causa, i quali giustificano certe condotte con la mancanza di alternative . Continuando così a perpetuare abitudini perniciose.

In tutto questo, ad essere molto debole è soprattutto il sentimento di poter fare qualcosa a riguardo e la fiducia verso un miglioramento possibile. Un immobilismo influenzato certamente da fatalismo e scoraggiamento, ma probabilmente legato anche ad una bassa consapevolezza dei rischi e ad un sistema educativo rigido e conservatore, basato sull’apprendimento mnemonico e strutturato sul modello militare di gerarchie inamovibili. Un modello dove è norma delegare le grandi responsabilità ai livelli superiori, nel caso dell’Egitto percepiti come corrotti e inefficienti, ma pur sempre “rispettati” in quanto parte dell’unico sistema esistente e metabolizzato, oltre che considerati gli unici con il potere di mobilitare risorse e cambiare le cose.

Questo sistema contribuisce a generare senso di impotenza e incapacità di cooperare per un cambiamento comune, soprattutto nel caso di grandi associazioni di persone, sistematicamente ostacolate dallo Stato. Un cambiamento culturale in questo senso potrebbe passare anche attraverso un’accresciuta e corretta percezione dei rischi per la salute individuale e dei propri figli, inevitabilmente legata alle condizioni dell’ambiente ed a ciò che lo inquina. Occorre ricordare, infatti, che ricerche svolte attraverso questionari ed interviste in diverse zone del Cairo1, hanno messo in luce che difficilmente esiste una preoccupazione verso l’ambiente di per sè (spesso percepito erroneamente come il contesto familiare o sociale piuttosto che l’insieme degli elementi naturali che compongono il pianeta), quando invece esiste per la propria salute fisica. Dunque, diventa assolutamente necessario mettere in relazione, chiara e definita, queste due dimensioni strettamente interconnesse.

Tuttavia, finchè non aumenterà il senso di appartenenza al territorio da parte dei cittadini, la situazione ambientale non potrà migliorare. E’ necessario che le persone percepiscano l’importanza di ogni gesto quotidiano teso a rispettare il bene comune e l’importanza del comportamento individuale come esempio verso gli altri.

Queste sono le premesse necessarie perchè le comunità agiscano collettivamente con senso politico e responsabile. Che riconoscano e facciano valere il proprio ruolo di donne e uomini, di cittadini con diritti e doveri in grado di collaborare con lo Stato. Che si organizzino e diventino autori di un concreto cambiamento che non potrà essere calato dall’alto, come invece viene dai più invocato e ogni tanto concesso.