LA SCUOLA CHE VORREMMO – Lettera aperta delle ong italiane

Le Organizzazioni Non Governative di solidarietà internazionale hanno da anni costruito partenariati con centinaia di scuole in Italia e nel sud del mondo per una educazione alla cittadinanza mondiale, alla pace, allo sviluppo sostenibile.

L’impegno nell’educazione e nella scuola in Italia è uno dei modi con cui si esprime la tensione propositiva e progettuale per un miglioramento delle condizioni di vita di tutte le donne e tutti gli uomini del mondo, ed è un pilastro irrinunciabile nella prospettiva di un’umanità solidale e capace di futuro verso cui le Organizzazioni Non Governative lavorano.

Ci preoccupano i tagli previsti dal Governo, che andranno a incidere sul fondamentale diritto all’educazione.

In tutto il mondo la nostra scuola è in particolare la scuola di base è guardata e studiata come modello di scuola inclusiva verso cui tendere, un patrimonio che ha prodotto ottimi risultati in termini di metodologia, successo scolastico e prevenzione dell’abbandono. Tutti i paesi civili si muovono in questa direzione, l’Italia non può tornare indietro.

La scuola che vorremmo:
è una scuola comune
La scuola italiana si è orientata fin da subito a inserire gli alunni di cittadinanza non italiana nella scuola comune, all?interno delle normali classi scolastiche ed evitando la costruzione di luoghi di apprendimento separati, differentemente da quanto previsto in altri Paesi e in continuità con precedenti scelte della scuola italiana per l’accoglienza di varie forme di diversità (differenze di genere, diversamente abili, eterogeneità di provenienza sociale). Si tratta dell’applicazione concreta del più generale principio dell’Universalismo, ma anche del riconoscimento di una valenza positiva alla socializzazione tra pari e al confronto quotidiano con la diversità. Tutte le ricerche internazionali hanno peraltro evidenziato che gli studenti di altre lingue madri imparano più rapidamente l’italiano ( o comunque la lingua d’istruzione del paese in cui si trovano) se inseriti subito nella classe dei pari perchè la vera molla per imparare ? l?immersione ambientale, accompagnata da momenti di laboratorio linguistico in ore curriculari o no, a seconda dei piani di lavoro individualizzato dei consigli di classe, in fasi soprattutto iniziali. Chiudere in una “classe ponte” studenti che arrivano in momenti diversi, con lingue e storie diverse, è quindi dannoso per i diretti interessati, oltre che poco praticabile.

una scuola interculturale
La scuola italiana ha scelto negli anni passati di adottare la prospettiva interculturale – ovvero la promozione del dialogo e del confronto per tutti gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, relazioni, vita della classe. Scegliere l’ottica interculturale significa, quindi, non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, nè a misure compensatorie di carattere speciale. Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell?identit? stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio si basa su una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura degli alunni/studenti in una prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklorizzazione. Prendere coscienza della relatività delle culture, infatti, non significa approdare ad un relativismo assoluto, che postula la neutralit? nei loro confronti e ne impedisce, quindi, le relazioni. Le strategie interculturali evitano di separare gli individui in mondi culturali autonomi ed impermeabili, promuovendo invece il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano.

una scuola che educa alla cittadinanza mondiale.
L’educazione civica insegnata finora nella scuola appare inadeguata alle esigenze di un mondo in rapida trasformazione. Non si tratta, però, soltanto di aggiornare la scuola per affrontare queste trasformazioni. E’ necessario un patto tra la società e la scuola che permetta di rinnovare e rafforzare quel grande progetto pedagogico che l’educazione alla cittadinanza e che si colloca oggi esattamente in questo passaggio tra il dire e il fare, in un momento di cambiamento nella scuola, e di mutamenti sociali, tra iniziative vivaci e creative delle scuole.
Una riforma debole sul piano della cittadinanza mondiale sarebbe quanto meno miope vista l?importanza dell’influenza sulla nostra vita dei fenomeni sociali a livello mondiale. La scuola del futuro nascerebbe vecchia se non riconoscesse la dimensione della mondializzazione, come un livello dell’appartenenza dei singoli, da imparare a leggere ed affrontare. Essere “cittadini del mondo” non è una sconsiderata utopia cosmopolitica di stampo illuministico, è una realtà da considerare se si vuole capire il mondo in cui si vive.
Il pluralismo culturale del mondo attuale richiede un cambiamento profondo nel modo di concepire l’educazione alla cittadinanza. Si tratta di ripensare la formazione del cittadino in un mondo sempre più globalizzato, individuando un nuovo rapporto tra l’educazione interculturale e l’educazione alla cittadinanza, che consideri la cittadinanza nella dimensione della pluralità culturale e allo stesso tempo “pensi” l’interculturale nel suo stretto legame con gli obiettivi dell’educazione civica: sviluppo della coscienza civile, partecipazione, coesione sociale.
La ricerca di tale nuovo modello comporta un passo avanti nella direzione di un’educazione interculturale in cui la dimensione socio-civica e politica trovi un ruolo più significativo.