LA TEMPESTA PERFETTA: I CAMBIAMENTI CLIMATICI DA PROBLEMA AMBIENTALE A CRISI SISTEMICA

? in pieno svolgimento il quindicesimo Vertice ONU sui cambiamenti climatici a Copenaghen, riportiamo un intervento di Lorenzo Fioramonti, fondatore della campagna sociale Global Reboot e autore del documentario ?L?era dell?adattamento? ( www.globalreboot.org ), tratto dal numero di Babel di dicembre.

I cambiamenti climatici non sono semplicemente un problema ambientale. Non ? come ai tempi del buco dell?ozono e delle piogge acide. Non si tratta degli orsi polari o dei ghiacciai dell?artico. Non si tratta di una lotta che si pu? combattere a colpi di tecnologia. ? in realt? una crisi sistemica, di quelle che richiedono un?inversione di tendenza a 180 gradi, una rivoluzione culturale e sociale. Eppure ? proprio l?esatto contrario di quanto sta accadendo.

La percezione diffusa tra le ?lite politiche e i cittadini (soprattutto quelli italiani) ? che, prima o poi, una soluzione ai cambiamenti climatici si trover?. Nei mesi scorsi il Pew Research Center ha condotto un sondaggio tra gli americani, da cui emerge che solamente il 57% si preoccupa dei cambiamenti climatici. Un anno fa erano il 71% ( http://people-press.org ).

A livello globale non andiamo meglio. Nonostante gli accordi di Kyoto, le emissioni complessive di gas serra hanno continuato ad aumentare. I consumi di energia in tutti i paesi occidentali sono cresciuti regolarmente, frenati solamente dall?impennata del petrolio a met? 2008 e dall?attuale crisi economica. A Dicembre si terr? la quindicesima Conference of Parties per definire un nuovo regime internazionale che sostituisca (e, molti sperano, migliori) il protocollo di Kyoto. In realt?, per?, le posizioni in campo sono divergenti e, almeno finora, inconciliabili. Europa e America chiedono maggiori sforzi da parte delle economie emergenti. India e Cina (le nazioni pi? popolose e inquinanti del cosiddetto mondo in via di sviluppo) sostengono che si debba applicare un principio di giustizia, secondo cui devono essere i paesi che hanno inquinato per pi? tempo a tagliare drasticamente le loro emissioni. Con poco meno della met? degli abitanti del mondo e un tasso di emissioni procapite molto pi? basso di quello euro-americano, ? difficile dargli torto. I paesi africani, infine, chiedono un nuovo flusso di aiuti per far fronte alle conseguenze pi? disastrose dei cambiamenti climatici e minacciano di boicottare i negoziati se non verranno ascoltati.

Le soluzioni tecniche proposte finora non fanno altro che riproporre le tante ingiustizie del passato. Un meccanismo molto in voga ? il cosiddetto carbon offsetting, che si basa sul principio secondo cui ? la quantit? generale di gas serra nell?atmosfera che non deve aumentare, a prescindere da quello che fa o non fa il singolo paese. Secondo questa logica, il paese A pu? continuare ad inquinare senza problemi fintanto che il paese B si astenga dal farlo o introduca meccanismi per l?assorbimento, come per esempio le politiche di riforestazione o le energie rinnovabili. Questo modo di ragionare, introdotto dal protocollo di Kyoto che consente la commercializzazione di crediti da carbonio, ? diventato molto popolare negli ultimi anni. Ma se l?atmosfera ? un bene di tutti, perch? offrire la possibilit? ad alcuni paesi di continuare ad inquinare lasciando poi che paghino un?elemosina a paesi pi? poveri perch? non facciano lo stesso? E poi siamo davvero sicuri che questo meccanismo funzioni? I botanici insegnano che gli alberi cominciano ad assorbire anidride carbonica solo dopo alcuni anni e, quindi, non possono compensare un?emissione fatta nel presente. Le foreste vanno poi gestite per la loro intera vita biologica: basta un incendio o la semplice decomposizione degli alberi per immettere nuovamente i gas in circolo.

La realt? ? che i cambiamenti climatici esasperano le ingiustizie sociali da sempre presenti a livello internazionale. Una minoranza che consuma risorse, accresce ricchezza ed inquina l?atmosfera, ed una larga maggioranza di uomini e donne che ne pagano le conseguenze. Le analisi socio-demografiche, politiche ed economiche degli effetti a breve-medio termine dei cambiamenti climatici sono sconvolgenti e, forse per questo, se ne parla poco. L?Unione europea, per esempio, prevede che l?inasprimento del clima nei paesi del ?sud? globale? porter? ? nei prossimi cento anni ? ad un flusso di circa un miliardo di rifugiati, molti dei quali approderanno in Europa, con conseguenze sociali pi? gravose di quelle del secondo dopoguerra ( http://ec.europa.eu). La desertificazione accentua la mancanza di cibo, spingendo verso l?alto il prezzo degli alimenti. Questo avvitamento di crisi aumenta le possibilit? di conflitti e spinge alla migrazione verso il ?nord globale?. Senza poi considerare la questione energetica: il clima che cambia, con inverni pi? freddi ed estati pi? calde, richieder? un maggiore approvvigionamento di energia. E l?Europa, la cui crescita economica dipende dall?energia che proviene da altri paesi, dovr? ricorrere a misure estreme.

Il mondo ? uno spazio finito. Non ci vuole molto perch? gli effetti delle crisi si riverberino sull?intero pianeta, anche in quelle aree dove ? forte la convinzione di essere al riparo. La crisi climatica ?, quindi, una tempesta perfetta che catalizza le dinamiche convergenti causate dalla fiducia cieca in un modello di sviluppo basato sulla crescita economica, lo sfruttamento delle risorse naturali e l?aumento delle differenze sociali tra paesi di prima e seconda classe.

Lorenzo Fioramonti