Land grabbing e sovranità alimentare: l’intervista a Nora Mc Keon

nora mc keon

Costruire una nuova “governance” alimentare dal basso, a partire dal Comitato di Sicurezza Alimentare. E’ questa l’opinione di Nora McKeon, membro del Concord Food Security Group, lo scorso 14 luglio a Firenze per partecipare ad un incontro, promosso da Concord Italia ed Expo dei Popoli, sul tema del diritto globale al cibo. Un diritto che oggi appare sempre più a rischio, tra fenomeni crescenti di land grabbing, speculazioni finanziarie sulle risorse alimentari e piccoli produttori messi in ginocchio dalle grandi catene di distribuzione. Abbiamo incontrato McKeon per farci spiegare quali sfide sono all’orizzonte nella battaglia per la sovranità alimentare globale.

 

Partiamo dal rapporto tra land grabbing e sovranità alimentare: in che modo questi due temi sono legati?

E’ evidente che si tratta di due paradigmi non solo diversi, ma alternativi. Da una parte c’è un sistema imperniato sui grandi proprietari e sulle multinazionali del settore agro-alimentare, che punta alla finanziarizzazione della risorsa agraria e del cibo, che utilizza metodi di speculazione economica sulle risorse alimentari portando all’aumento del prezzo del cibo, ma costituito anche di ben precise scelte di policies: penso, ad esempio, agli incentivi statali concessi ai cosiddetti “agri-fuels” (le coltivazioni destinate a diventare bio-carburante), che porta al cambiamento di destino d’uso delle terre in tutto il mondo, con conseguenze devastanti sulle economie locali. Dall’altra parte, invece, c’è un sistema che lotta contro tutto questo, che promuove il diritto di libera scelta dei popoli a che tipo di sistema alimentare avere, a decidere da chi e come deve essere prodotto il cibo e, soprattutto, a beneficio di chi. E’ inevitabile che tra queste due “visioni” nasca uno scontro, che oggi è in una fase cruciale.

 

Il problema, quindi, non è solo l’accaparramento delle terre?

Il land grabbing rappresenta solo la “punta dell’iceberg”, l’aspetto più vistoso del sistema economico capitalista di gestione delle risorse naturali. Si dedicano tante campagne, forse troppe, al tema dell’accaparramento, tralasciando di concentrare gli sforzi anche sull’altro grande problema, quello del controllo della produzione del cibo. I grandi gruppi agro-industriali cacciano via i contadini che non producono secondo i canoni ed i desideri del sistema, mentre ai pochi che restano viene imposta la scelta di cosa produrre, di come farlo, azzerando di fatto l’autonomia dei settori contadini nazionali. Il problema della gestione delle fasi di produzione è la vera sfida di oggi, ancora troppo sotto-traccia nel dibattito.

 

Che cosa può fare in concreto la cosiddetta “società civile”  nella lotta per la sovranità alimentare?

 Innanzitutto dobbiamo partire da una distinzione di ruoli, identità e funzioni: noi ONG, ad esempio, non dobbiamo pretendere di rappresentare i settori delle popolazioni più colpite dai fenomeni di land grabbing e finanziarizzazione dell’agricoltura, che hanno il vero ruolo chiave in questa lotta. Troppo spesso tendiamo a parlare per loro, a voler rappresentare la loro voce: da parte nostra dobbiamo dare un concreto sostegno ai settori delle popolazioni direttamente interessate. Credo molto nei cambiamenti che vengono dal basso: dobbiamo costruire dal basso una differente “governance” del cibo.

 

Da questo punto di vista c’è uno strumento concreto per farlo?

 Il Comitato di sicurezza alimentare rappresenta una grande opportunità: si tratta dell’unico forum globale politico dove tutti, dalla grande azienda al piccolo contadino, hanno voce in capitolo. E’ qua che si negoziano e si decidono che strumenti e che policies adottare. E’ ovvio che non abbiamo gli stessi poteri del WTO, ma se all’interno del Comitato vengono decisi degli obblighi e delle direttive, i paesi che aderiscono poi le devono rispettare. Non è la soluzione totale al tema del diritto al cibo, ma avere questo strumento di governance è un passo in avanti.

 

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