Nuove proteste al Cairo. In piazza studenti e operai alla vigilia del referendum sulla costituzione

Egitto. Nuove proteste al Cairo

Intervista a Gennaro Gervasio, British University il Cairo.

A meno di un mese giorni dalla data del referendum sulla Costituzione egiziana (che si terrà il 14 e il 15 gennaio 2014),  continuano  i disordini per le strade del Cairo e sembrano non voler cessare. A manifestare sono soprattutto il lavoratori e gli studenti.  Nelle principali università della città, l’Università del Cairo e El Azhar, università islamica,  le proteste e i sit – sono stati sedati dalle forze dell’ordine  e gli scontri hanno causato finora 36 feriti e la morte di 2 attivisti.  Abbiamo parlato con Gennaro Gervasio, docente di scienze politiche alla British University del Cairo per capire meglio che cosa stia succedendo in questa ennesima stagione egiziana.

Chi sono questi studenti e che cosa chiedono?

Le proteste sono cominciate con l’anno accademico e i primi a scendere in piazza sono stati gli studenti islamici pro Morsi, poi si sono uniti anche gli studenti laici e i tanti attivisti di sinistra che da sempre sono molto ben rappresentai negli atenei cairoti. I punti di contatto tra i due schieramenti sono l’opposizione al regime autoritario e repressivo dei militari al potere,  la perdita di una delle vittorie della rivoluzione e cioè il divieto alle forze dell’ordine di entrare nei campus, e infine, più di recente, la protesta contro la limitazione alla possibilità di manifestare, legge emanata dai militari proprio qualche settimana fa. Legge che ha portato, tra l’altro a molti arresti eccellenti tra cui il blogger Alaa Abdel Fatah e il leader del movimento 6 aprile Ahmed Maher. D’altra parte tra i due schieramenti ci sono anche delle fratture date proprio dalla visione politica, i fratelli musulmani da una parte e i laici di sinistra dall’altra,  e questo  rende il movimento studentesco disomogeneo e poco incisivo.

Come risponde la popolazione a queste ondate di protesta? 

Se da un lato queste proteste sembrano avere molta solidarietà tra gli studenti stessi e le singole università, la società non le appoggia in modo particolare. Usciti dagli atenei i numeri  sono esigui rispetto alle folle che siamo stati abituati a vedere in piazza Tahrir o in altre piazze, anche recentemente.  Le manifestazioni imponenti sono quelle dei movimenti operai.

Quali sono le  istanze dei lavoratori?

Principalmente si chiede il salario minimo garantito, promesso e mai applicato, ma è soprattutto il settore privato a scendere in piazza. Gli slogan sono prettamente economici, più che politici in senso stretto. Sono sicuramente loro più collegati alla società egiziana e alla crisi che sta vivendo.

C’è un legame tra le proteste e la nuova costituzione?

Sicuramente c’è la paura di un ulteriore inasprimento dell’autoritarismo: nella Costituzione alcune misure che vengono normalmente definite eccezionali, come i tribunali militari, stanno per diventare ordinarie e permanenti. Inoltre come è accaduto anche in Tunisia, si tratta di una Costituzione legalmente buona ma politicamente non accettabile.  Mi sembra infatti che questa costituzione sia stata fatta ad arte per continuare a polarizzare la società. 

Come si pongono gli egiziani di fronte a questo ennesimo passaggio?

Anche qui c’è una forte polarizzazione: i fratelli musulmani negano quello che è accaduto negli ultimi mesi, stentano a rendersi conto di aver perso gran parte dei consensi che avevano conquistato dopo il 2011 e pensano di essere ancora i paladini della legalità e di rappresentare gran parte del paese. Dall’altra l’esercito sta mettendo in atto una strategia di abusi e di violazioni che fanno tornare il paese indietro. E’ una tattica perdente da parte del regime che continua a perdere consensi e attirarsi proteste.  Mi sembra che entrambi gli schieramenti  abbiano perso contatto con la realtà. La campagna elettorale comunque è partita. Vedremo come andrà il Referendum anche se già si dice che non sarà questa la Carta definitiva.

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