ROSSELLA URRU: LA DIFFICILE SCELTA DEL COOPERANTE

Si attende ancora per la conferma del rilascio di Rossella Urru, la cooperante italiana rapita diversi mesi fa, sarebbe stata liberata. La notizia, diffusa da Al Jazeera, ? immediatamente rimbalzata sui social network, Twitter in testa.
In attesa delle conferme ufficiali, un intervento di Fabio Laurenzi, presidente COSPE, sul difficile mestiere di Rossella Urru e di tutti i cooperanti: medici, economisti, agronomi al servizio dei popoli del Sud del mondo. L’articolo è uscito nella rubrica COSPE su Left la scorsa settimana.

A quasi quattro mesi dal rapimento è tornata alla ribalta – soprattutto grazie al festival di Sanremo – la vicenda della nostra connazionale Rossella Urru, la cooperante Cisp rapita il 23 ottobre scorso in un campo di rifugiati Saharawi in Algeria.
Un caso emblematico, perchè anche se siamo convinti che si stia facendo tutto il possibile nelle sedi diplomatiche per liberarla, in Italia non se ne parlava più. Come se la cosa facesse parte del gioco.

Ma non ce ne eravamo dimenticati noi che facciamo questo mestiere da trent’anni perchè ogni volta che accadono questi episodi tremiamo, pensando alla difficoltà in cui molti nostri collaboratori e amici si trovano a lavorare e ai pericoli che tutti noi incontriamo perch? la cooperazione ? un mestiere bellissimo ma difficile e non neutrale.

Quando lavori su diritti umani, democrazia e pace come molte delle ong italiane, e come Rossella e la sua organizzazione, vai a toccare interessi importanti in ogni Paese, dove si fanno affari come con il land grabbing per esempio o dove singole e potenti lobby agiscono tanto più indisturbate nel curare i loro interessi tanto minori sono gli spazi di democrazia e di partecipazione.
Ma, proprio per questo, affiancare le popolazioni dei tanti Paesi del cosiddetto Sud del mondo nella ricerca del bene comune, da parte della nostra cooperazione internazionale è anche uno dei nostri migliori biglietti da visita.

Chi sceglie di partire e andare a vivere e lavorare in contesti di conflitto, se non proprio di guerra, sa di rischiare e non lo fa spinto da motivazioni economiche o di carriera. Medici, agronomi, economisti mettono le loro professionalità a servizio della cooperazione per passione, per curiosità, per una spinta principalmente civile e politica. Lo fanno con la convinzione e con gli strumenti teorici di poter essere parte attiva nei processi di cambiamento in atto nel mondo, mettendosi anche individualmente in gioco e confrontandosi con le persone e le associazioni locali.
Questo almeno ? quello che intendiamo per cooperazione noi di che oggi conta 35 espatriati in circa 30 Paesi. Pur non lavorando in progetti di emergenza ci troviamo comunque in Paesi a rischio come Afghanistan, Somalia, Palestina ed Egitto e l’unico vero modo di salvaguardare tanto le persone espatriate che i collaboratori locali è quello di avere un rapporto continuativo con le rappresentanze, le ambasciate, i consolati che sono presenti nei vari Paesi, mantenere un atteggiamento rispettoso e cauto, costruire e intessere relazioni che ci permettono di leggere il territorio e di farne parte grazie alla fiducia reciproca.

Certo, non sempre questo ci mette al riparo da attacchi, come è accaduto in Niger o in Senegal, in particolare nella provincia di Casamance dove è ancora in corso una guerra civile di bassa intensità e dove alcuni nostri collaboratori sono stati coinvolti in conflitti a fuoco o come a Nairobi dove un’attivista somala dell’associazione Iida come Starlin Arush, è stata uccisa nel 2002. E’ però il metodo migliore: i cooperanti non sono quelli che “se la vanno a cercare” ma sono persone che fanno con consapevolezza un mestiere che è anche una scelta di vita e che rappresentano la parte migliore della nostra società, come Rossella. Per questo siamo accanto a lei, alla sua famiglia e al Cisp, sperando che sia liberata al più presto per continuare a fare quello che ama fare: la cooperante.

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