Scuola e informazione per “Arginare la paura e accettare le diversità”

Gli scontri a Tor Sapienza, le manifestazioni di Casa Pound, le reazioni di fronte alla fotografia del governatore Enrico Rossi con la famiglia Dragovic, sono stati questi argomenti alla base del dibattito dal titolo “Arginare la paura e accettare le diversità”, che si è svolto lo scorso 22 gennaio all’auditorium Stensen di Firenze.

Organizzato dal Forum per i problemi della pace e della guerra, il dibattito è stato animato da docenti, esperti di interculturalità e rappresentanti delle istituzioni. La  discussione ha preso il via su come il nostro Paese riesca o meno ad accogliere e ad integrare le minoranze nel proprio tessuto sociale. “Le comunità Rom e Sinti sono quelle che vengono maggiormente discriminate e sono il primo bersaglio del nostro pregiudizio” ha sottolinea Alessandro Simoni, docente di Sistemi giuridici comparati all’Università di Firenze. Questo pregiudizio , secondo il docente ,  si basa su un errore di fondo: quello di accomunare sotto la stessa matrice identitaria numerose comunità che appartengono a Paesi e tradizioni molto diversi tra loro, arrivando a “denazionalizzare” completamente una grande parte di stranieri che si trovano sul nostro territorio, ai quali affibbiamo indistintamente l’etichetta di “Rom”. E lo Stato italiano come reagisce davanti a questa incomprensione e a questa insofferenza? Secondo Simoni, “la specificità tutta italiana è la passività delle Istituzioni, le quali ricalcano completamente gli stereotipi popolari”. In questo senso, un elemento preoccupante secondo gli ospiti del convegno, è quello di considerare i Rom come moltiplicatori dei vuoti giudiziari del nostro paese, della mancanza di un’educazione alla diversità.  La chiave per invertire questa tendenza, che è ben radicata nella nostra società, è ripartire dall’educazione. Questo è stato il focus dell’intervento di Maria Omodeo, responsabile interculturalità, plurilinguismo e accesso all’educazione COSPE. E i dati riportati da Omodeo ci fanno capire quanto sia urgente quest’aspetto: i  bambini Rom e Sinti che attualmente frequentano la scuola dell’obbligo nel territorio nazionale sono 11.481, numero che cala drasticamente a 107 in età di liceo. Una vera emergenza sociale, dunque, se si pensa che la maggior parte degli abbandoni scolastici deriva proprio dal sentirsi esclusi ed emarginati dai propri coetanei. Talvolta, sottolinea Maria Omodeo,  i docenti non aiutano a frenare questa deriva: sono numerosi infatti i casi in cui gli stessi dirigenti scolastici invitano i ragazzi di origine rom rumena o rom albanese a non comunicare la propria appartenenza etnica per non incorrere in alcun genere di razzismo.La tolleranza, dunque, ha il prezzo del silenzio.

La scuola è parte della soluzione, ne è convinto anche Alberto Tonini, professore del dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Firenze, che ha concluso il dibattito aggiungendo: “la paura si combatte solamente combattendo l’ignoranza”.   E una parte di responsabilità è andata ai media: la società civile – esce dal convegno – ha infatti  la necessità di poter contare su dei media che raccontino la realtà dei fatti per quella che realmente è, senza incorrere in strumentalizzazioni delle minoranze per ottenere un facile consenso da parte del lettore medio. Le conclusioni del convegno ci dicono quindi che solo attraverso una corretta informazione e una corretta scolarizzazione si può fare della società un vero bacino di accoglienza, considerando che i giovani di oggi faranno parte delle Istituzioni di domani.

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