Se c’è tortura non può esserci Democrazia

Per la Commissione Europea dei diritti umani la tortura va vietata anche in caso di guerra: eppure l’Italia non si è ancora dotata di una legge per evitarla.

Sono passati 15 anni dalle manifestazioni di Genova, dove un movimento che contestava le oligarchie finanziarie e politiche del pianeta, unendo diverse anime nella richiesta di un mondo migliore e più equo veniva represso nel sangue. Un movimento che, come dice Lorenzo Guadagnucci, giornalista, attivista e socio COSPE “produceva cultura, politica, visioni del mondo, e delle analisi del mondo molto pertinenti, un movimento che sapeva quali fossero le domande giuste ma che è stato sgretolato con la forza e la violenza”. Tra il 20 e il 22 luglio 2001 a Genova c’è infatti stata “una caduta di democrazia”, quella che Amnesty International ha definito come “la più grave sospensione dei diritti umani in occidente dopo la seconda guerra mondiale”, e che è costata all’Italia una sanzione nel 2015 dalla Corte dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa, con i tristemente noti fatti della scuola Diaz e di Bolzaneto.

Questi sono stati i casi più gravi di tortura mai avvenuti nella storia recente del nostro paese, ai quali però non c’è stata una risposta adeguata: “l’Italia è stata sanzionata dalla Corte Europea dei Diritti Umani e altre condanne sono in arrivo, analoghe, con un parlamento e un governo completamente paralizzati e incapaci di attuare le prescrizioni contenute in quella sentenza di condanna dell’Unione Europea.”- Commenta Guadagnucci- “Vale a dire una legge sulla tortura, il codice di riconoscimento sulle divise, la sospensione o l’allontanamento dei condannati per il processo Diaz: tutto questo non è stato fatto, non viene fatto e non verrà fatto.

La tortura è considerato uno dei più gravi crimini contro i diritti umani, previsto anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che la include tra i 4 reati vietati anche in tempo di guerra. 

Eppure la tortura non è considerata per il nostro ordinamento giuridico un reato “Di fronte alla tortura non c’è giustificazione che tenga. Il reato va istituito anche perché l’Italia ha ratificato senza riserba la Convenzione 25 anni fa e non l’ha ancora introdotto” – spiega Michele Passione, socio COSPE avvocato dell’Unione delle Camere Penali – “la tortura è un tabù nel nostro paese. Non si può nominare, non la si può immaginare, la si pratica, perché la si pratica. Si risponde a queste cose quando proprio non si può più negare che sono capitate, perché finché si può si nega”.

Proprio per questo motivo per i fatti di Genova non c’è stata giustizia: “Non è il problema di ‘in assenza o in presenza’ (di tortura, ndr), perché lì la tortura c’è stata e lo si è scritto sin dal primo grado per i fatti di Genova. Mancava il reato.”- racconta Passione-“ Si è dunque detto ‘c’è tortura, è tortura, però non ti posso condannare perché il reato non è previsto’. Ma da un punto di vista disciplinare a queste persone non è successo nulla: Anzi durante il processo hanno fatto carriera, non è che sono andati via.”

Questo è per Guadagnucci un sintomo sullo stato di salute della nostra politica: “la qualità della nostra democrazia è molto molto bassa, e non siamo un paese in grado di rispettare i diritti fondamentali, come ha detto la Corte Europea, che ha identificato un deficit strutturale.”

In Italia, al contrario degli altri paesi dell’Unione Europea, non c’è ancora il reato di tortura, pur essendo da più trent’anni che questo paese cerca di dotarsi di una legge per la tortura, ma delle decine di ddl presentati alla Camera e al Senato nessuno è riuscito mai a essere approvato. Anche l’ultimo tentativo è fallito due giorni fa, con il rimando a data da destinarsi del ddl.

L’avvocato Passione sottolinea come questa legge venga ostacolata poiché la tortura “Per un verso è un tabù, per l’altro i partiti di centrodestra che esercitano l’alleanza di governo spuria e le forze di polizia del tutto immotivatamente pensano che questa cosa vada contro di loro”.  Eppure, fa notare Guadagnucci, molti paesi Europei hanno una regolamentazione contro la tortura: risulta allora difficile comprendere come “con una legge sulla tortura solo la polizia italiana si sarebbe trovata nell’impossibilità di svolgere il suo normale lavoro”.

Questo ddl, anche se fosse passato, non sarebbe comunque stato sufficiente a garantire il non ripetersi di questi episodi, ma esigere una legge contro la tortura è un modo di lottare per l’attuazione concreta della nostra democrazia: “Se la società civile ha interesse a preservare una buona qualità della democrazia- continua il giornalista- deve lottare per la sostanza e non per la forma. Battersi per una legge sulla tortura significa battersi per la trasparenza, per la credibilità delle forze dell’ordine, per una loro riforma democratica. Dobbiamo riportare alla luce quello che oggi viene messo al riparo da coni d’ombra, da cortine fumogene per cui c’è un tabù. Non si può parlare di tortura, non si può parlare di forze dell’ordine, non si può chiedere alle forze dell’ordine di essere trasparenti, di rendere conto del loro comportamento. Credo quindi che sia compito di tutti mettere all’ordine del giorno queste questioni nella loro complessità.”