Swaziland: spazio ai diritti delle donne
“La voce delle donne in questo Paese manca, e noi siamo qui a ricordarlo. A chiedere che le leggi siano rispettate e che le donne entrino di diritto negli spazi politici e decisionali”. A parlare è Doo Aphane, voce storica del movimento femminista dello Swaziland, in occasione della manifestazione “ Four women, Four regions” dello scorso 10 aprile.
L’appuntamento per tutte le donne delle associazioni femminili e femministe del Paese è davanti al Parlamento, la più alta istituzione dopo il Re, in questo Paese. Lo Swaziland, piccola enclave di 1milione e mezzo di abitanti nel cuore del Sudafrica, è infatti l’ultimo e il più antico regno del continente africano. Qui la popolazione femminile è al 52% ma la loro rappresentanza in ambito politico, lavorativo, sociale è praticamente nulla. Nonostante il Paese abbia ratificato alcuni accordi internazionali come la CEDAW, e che nel 2010 abbia sottoscritto una National Gender Policy, lo Swaziland rimane un Paese profondamente patriarcale, dove le donne sono considerate oggetti e discriminate in tutti gli ambiti della vita: subiscono matrimoni precoci, spesso non vengono registrate all’anagrafe, se rimangono incinta vengono espulse dalla scuola, non possono essere leader comunitarie né possedere terra o ricevere eredità.
In questo contesto la Costituzione ha riconosciuto, negli ultimi anni, una percentuale rappresentanza minima femminile nel Parlamento: quattro donne, una per ogni regione del Paese. Ma questo articolo è puntualmente disatteso. Il 10 aprile quindi, associazioni tra le più autorevoli della Swaziland, come SWAGAA (Swaziland Women Action Group Angainst Abuse) o SYWON (The Swaziland Young Women’s Network) hanno consegnato a un funzionario del Governo una petizione con più di 1000 firme e quattro sedie di pelle nera: “Sia chiaro che non è un regalo, né uno scherzo, è una richiesta ad agire. E’ un piccolo gesto – spiega Cebile Manzini presidentessa di SWAAGA – ma è qualcosa di concreto perché si rendano conto che non parliamo e basta. Perché vedano che rivendichiamo e rivendicheremo sempre i nostri diritti”.
La partecipazione, al momento della manifestazione e della consegna, non è altissima: problemi logistici, di trasporto e anche la scarsa abitudine o addirittura la paura delle donne delle comunità a partecipare, ha decimato l’evento ma le organizzatrici sono ottimiste: “Ci aspettavamo centinaia di donne – dice Zanele Tabede di SYWON– ma molte hanno ancora paura a mettersi in gioco e in moltissime non hanno possibilità di spostarsi, ma comunque c’è una buona rappresentanza di tutte quelle che hanno firmato la petizione: donne delle comunità, delle zone rurali, professioniste e attiviste. Un buon mix. Che rappresenta la società femminile swazi”.
Le firme infatti sono state raccolte in tutto il Paese, nelle aree urbane e in quelle rurali, dove vive gran parte della popolazione e dove la violenza sulle donne è più alta: “Abbiamo una stratega capillare, lavoriamo porta a porta con tutte le donne per dire loro quali sono i diritti e per dare loro informazioni – dice Doo Aphane – Qui per cultura si pensa che le donne non possano essere o diventare leader. Dire la loro opinione. Ma mentirei se dicessi che le cose dall’ inizio del Movimento non sono migliorate. Adesso per lo meno la Costituzione ci riconosce. Adesso però deve essere applicata!”.
Chiedere il rispetto della Costituzione è solo una delle tante iniziative delle femministe swazi, altre sono le cose urgenti a cui le associazioni stanno lavorando: “La nostra prossima sfida – dice ancora Cebile di Swagaa – sarà l’approvazione della legge contro la violenza domestica (Sexual Offence and Domestic Violences Bill). Una legge è urgentissima visto che qui le donne vengono ritenute proprietà degli uomini. Il problema è che attualmente le priorità sui diritti delle donne e sui diritti umani non sono portate avanti da nessun politico. Avere delle donne in Parlamento -conclude – ci garantirebbe per lo meno un avanzamento delle politiche femminili.
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