In Tunisia assolti Azyz Ammami e Sabri Ben Mlouka. Ma continua la mobilitazione…

Liberazione lampo per il Blogger e il fotografo tunisini arrestati lo scorso 12 maggio. Ancora notizie in tempo reale dalla nostra cooperante Debora del Pistoia che segue i purtroppo sempre più numerosi episodi di oppressione e aggressione nei confronti dei giovani tunisini accusati di “rivoluzione”. Nonostante lo scarceramento dei due infatti la mobilitazione continua… 

Dopo undici giorni di carcere e un processo-maratona che resterà nella storia della Tunisia per procedure, durata ed esito, si conclude con un “non luogo a procedere” il processo del noto blogger e attivista tunisino Azyz Ammami e del fotografo franco-tunisino Sabri Ben Mlouka, svoltosi ieri 23 maggio al tribunale di Bab Bnet di Tunisi.

I due erano stati arrestati pretestuosamente il 12 maggio a seguito di un banale controllo di documenti e mantenuti in stato di fermo con l’accusa di detenzione e consumo di droghe leggere. Consumo che i giudici non hanno potuto comprovare, essendosi rifiutati entrambi di sottoporsi al test delle urine, strategia dimostratasi di successo. Azyz ha richiesto la presenza di un giudice in sede di analisi biologiche al posto delle forze dell’ordine, come avviene regolarmente nei processi regolamentati dalla legge 52 del 1992 sul consumo di stupefacenti. Tale legge, che applica la dottrina della tolleranza zero, viene utilizzata da sempre come ulteriore strumento di controllo sociale soprattutto a discapito di attivisti e oppositori del sistema.

I due accusati hanno inoltre ribadito a più riprese i soprusi subiti in occasione dell’arresto e della detenzione preventiva e gli stessi avvocati presenti nella sala denunciano le numerose irregolarità e i vizi di forma che hanno caratterizzato il caso. Trifi Bassem, avvocato di Azyz, ha sporto denuncia per tortura contro i poliziotti colpevoli di averlo maltrattato nel commissariato il giorno dell’arresto.

I due giovani verranno poi liberati in tarda serata e accolti da una folla compatta di sostenitori in sit in di fronte al tribunale da ore. La sentenza emessa il 23 maggio crea un precedente importante nella giurisprudenza tunisina e il caso di Azyz rischia di diventare il pretesto per una riforma radicale della legge 52.

Le mobilitazioni della società civile numerose e partecipate già durante tutto il periodo della detenzione preventiva in tutta la Tunisia, spesso anche represse, hanno avuto la meglio sulla campagna poliziesca orchestrata ai danni di una delle voci libere e scomode della Tunisia rivoluzionaria. Gli slogan scanditi ieri di fronte al tribunale chiedevano la liberazione di Azyz e Sabri, ma denunciavano anche il ritorno di uno stato di polizia rinvigorito e accusato di aver ripreso con violenza i regolamenti di conti personali con strumenti noti ai tunisini, con la complicità dell’apparato giudiziario. Una conquista che rilancia l’entusiasmo dei movimenti che adesso si ridireziona in opposizione all’ondata di arresti di cui sono vittime molti dei giovani accusati ingiustamente di crimini commessi durante il periodo rivoluzionario. La lista, che conta ad oggi già più di cento di nominativi, continua ad allungarsi.

E’ di ieri mattina l’ennesima notizia dell’arresto di altri 5 attivisti, rilasciati poi in serata, davanti al Tribunale di Sidi Bouzid per il tentativo di forzare l’ingresso per voler seguire il processo di una delle vittime della rivoluzione, di Menzel Bouzayenne. Anche lui, come molti altri, è oggi processato per aver provocato danni ai commissariati di polizia durante la rivoluzione. Tutto questo avviene paradossalmente un mese dopo il verdetto della vergogna reso dalla giustizia militare, che il 12 aprile 2014 aveva rinegoziato le pene degli alti responsabili del Ministero degli Interni legate alla repressione che provocò più di 300 vittime e circa 1000 feriti, trasformando l’accusa da omicidio volontario a “omicidio involontario e omissione di soccorso”. A distanza di tre anni, molti di loro hanno già scontato le pene e sono oggi in libertà, non per ultimo Ali Seriati, ex direttore della sicurezza presidenziale, liberato lo scorso 17 maggio.

 
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