TUNISIA: IL RACCONTO DEL NOSTRO COOPERANTE STEFANO MASON

Abbiamo chiesto a Stefano Mason, cooperante COSPE a Tabarka, dove segue per la nostra associazione un progetto di tutela e valorizzazione delle risorse ambientali, di raccontarci l’atmosfera che si vive adesso in Tunisia, una Paese letteralmente sconvolto e dove ogni giorno si contano vittime.A provocarle la violenta repressione della rivolta, che covata a lungo le ceneri, è esplosa all’indomani del suicidio di un giovane disoccupato….

E’ paradossale, ma se cerco informazioni sulla Tunisia, dove vivo e lavoro da più di quattro anni, le posso trovare solo tramite i media stranieri. Esistono, è vero, un paio di giornali locali in lingua francese, ma ho smesso di comprarli da tempo perchè sono solo la vetrina sguarnita delle gesta del presidente (Ben Ali, in carica dal 1987) e della sua famiglia. Anche internet è sotto controllo e censura: a YouTube non si accede e Facebook e gli altri social network funzionano a singhiozzo, soprattutto in prossimitàdi eventi politici o sociali (elezioni, celebrazioni, movimenti di piazza…).

Quello che più mi rattrista è che in Tunisia ormai da anni non c’è nessun dibattito politico: nessuna discussione, nessuna nuova idea o prospettiva, nessuna opposizione, solo i comunicati di regime di Ben Ali. Nei caffè i giovani parlano di calcio; nelle case e negli uffici le donne parlano di tutto, ma la politica resta l’argomento tabù: si racconta che una persona ogni otto sia un informatore della polizia, per cui ? bene evitare certi discorsi…

Le cifre ufficiali parlano di un tasso di disoccupazione al 13%: una cifra che nessuno al governo osa citare, dato che è palesemente manipolata. In questo clima di apatia “forzata”, il 17 dicembre il suicidio di Mohamed Bouaziz, laureato ma ambulante per necessità, disperato per le continue angherie della polizia, è stato l’atto che ha liberato la frustrazione dei giovani disoccupati. Dal momento in cui Al Jazeera ne ha dato la notizia (oscurata dalla stampa tunisina e snobbata da quella europea) una serie di manifestazioni spontanee di giovani si sono succedute a partire dalle zone più povere del Paese, prendendo alla sprovvista anche l’opposizione esiliata in Francia.

La polizia e l’esercito hanno risposto con estrema violenza sparando sulla folla, anche dai tetti, sperando di sedare sul nascere le proteste. L’effetto invece è stato opposto, e nuove manifestazione e scontri si stanno succedendo a Tunisi e nelle grandi città del nord (Biserta) e del centro del Paese (Sidi Bouzid, Rgueb, Kasserine, Kef).

La “gestione della sicurezza” sta passando in queste ore dalla polizia all’esercito, e probabilmente si sta preparando la strada per l’affidamento del governo a una giunta militare. Ambasciata e delegazione, che mi hanno contattato nei giorni scorsi, ammettono di non conoscere il numero di morti e feriti: anche loro cercano informazioni nei network stranieri…

di Stefano Mason

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