Video shock di Lampedusa: è ora che qualcosa cambi!

Il video shock girato nel Cie di Lampedusa

Il Video shock sul trattamento riservato ai migranti del CIE di Lampedusa andato in onda al Tg2 ha fatto il giro dei media, rimbalzando sul web e sui canali dei social network, sconvolgendo le coscienze collettive.

Le immagini ‘rubate’ e mandate in onda dal Tg2 mostrano donne e uomini messi in fila, denudati, umiliati, e quella che dovrebbe essere una pratica medica di disinfestazione rimanda alla mente invece scene terribili che non è difficile definire da lager.
Senza neanche contare che la malattia da disinfestare, poi, nella maggior parte dei casi è stata contratta all’interno dei Centri, a causa delle condizioni in cui i migranti sono costretti a vivere.

Se da una parte la Ue ha già minacciato uno stop agli aiuti all’Italia, dall’altra le reazioni istituzionali dei politici italiani sono quelle di uno sdegno unanime: sconvolti dalle immagini denunciano la necessità di prendere provvedimenti immediati e di un’assunzione di responsabilità. Uno stupore normale di fronte a immagini tanto gravi e toccanti. Ma che denuncia anche un’assenza o, quantomeno, la distrazione della politica italiana su queste vicende fino ad oggi.

Chi ha una conoscenza diretta del problema e delle condizioni in cui vivono le persone all’interno dei CIE italiani infatti rimane tristemente meno scioccato e più perplesso di fronte allo stupore istituzionale. Come ad esempio il giornalista Francesco Viviano che è entrato come infiltrato all’interno di un CIE e testimonia di come “quando le telecamere delle visite ufficiali sono lontane, dentro si respira tutta un’altra aria”.

Le associazioni che lavorano per il rispetto dei diritti umani denunciano da tempo le condizioni invivibili dei Cie – dichiara Fabio Laurenzi, Presidente COSPE – dove sono costrette a vivere un numero eccessivo di persone (il doppio quando non il triplo di quelle che queste strutture potrebbero contenere). I racconti dei migranti che escono dopo lunghe settimane di detenzione, invece che dopo le 48 ore previste, sono tremendi”.

Ma per arrivare ad una presa di coscienza collettiva è necessaria la tragedia, come è accaduto lo scorso ottobre con il naufragio costato la vita a quasi 300 persone o con l’incendio del centro di Lampedusa nel 2011, un atto di esasperazione dei migranti presenti. O, come avvenuto ieri, il passaggio in prima serata di immagini che riportano alla mente tragedie storiche del passato e che invece si stanno consumando oggi nel nostro Paese.

A inizio dicembre COSPE ha presentato insieme ad Arci e al Comitato Primo Marzo, “EU 013 L’Ultima Frontiera”, il primo documentario girato all’interno dei CIE italiani. “I Centri di identificazione e di espulsione – denunciava allora Raffaella Cosentino, coautrice del documentario insieme a Alessio Genovese – sono luoghi infernali che ledono i diritti umani, istituzioni totali paragonabili ai manicomi, una vergogna di cui l’Italia non ha bisogno”.

Ogni anno circa 8mila persone vengono trattenute nei CIE, fino a 18 mesi, in regime di detenzione amministrativa, cioè senza avere commesso un reato penale o essere giudicati in un processo.

Continuando a portare avanti un lavoro di denuncia quotidiana delle violazioni dei diritti umani, speriamo che le immagini trasmesse ieri abbiano la capacità di obbligare le istituzioni a prendere provvedimenti concreti.

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