Water e land grabbing: l’intervista a Jennifer Franco

Jennifer Franco durante il suo intervento all'evento di Concord Italia

“Il water grabbing rappresenta la vera minaccia per il nostro futuro, e non riguarda solo i paesi sotto-sviluppati: anche l’Europa è in pericolo”.

E’ la dura denuncia di Jennifer Franco, ricercatrice del Transnational Institute, che il 14 luglio era a Firenze per un incontro promosso da CONCORD Europa sul tema del diritto globale al cibo. Una “issue”, quella del water grabbing, strettamente connessa al land grabbing, il fenomeno crescente di espropriazione e privatizzazione di ampie distese di terra, specialmente nei Paesi del sud del mondo, da parte di grandi attori privati (ma anche pubblici). La battaglia per la salvaguardia dell’acqua diventa ogni anno più dura, vista anche la crescente scarsità della risorsa idrica: un’emergenza ancora troppo sottostimata, secondo la ricercatrice del TNT, che ha alle spalle anni di ricerca sul tema e di lavoro con le comunità locali. L’abbiamo incontrata per cercare di comprendere un fenomeno ancora troppo assente dal dibattito pubblico.

 

Water e land grabbing sono fenomeni crescenti in maniera preoccupante: in che modo sono legati tra loro?

Si tratta di due fenomeni strettamente connessi: quando parliamo di land grabbing, spesso siamo in realtà davanti a casi di ‘water grabbing’, di accaparramento della risorsa idrica da parte dei grandi gruppi privati e pubblici: penso all’Africa, con le sue grandi coltivazioni agricole destinati ai bio-carburanti, alle grandi miniere estrattive in Sud America, alle gigantesche dighe costruite un po’ in tutta l’Asia. Tutti fenomeni di accaparramento che hanno anche, e soprattutto, una dimensione “water”.  L’acqua è una risorsa mobile, non segue confini o divisioni tra Stati, è invisibile, spesso “nascosta” sottoterra: è proprio questa sua natura “liquida”, mobile, a rendere il water grabbing così difficilmente controllabile e così poco conosciuto.

Uno dei pochi modi per tentare di contenere i fenomeni di water grabbing è quello relativo alla tutela legale del diritto all’acqua: qual è la situazione oggi?

Il tema già complesso dell’acqua diventa ancora più complicato quando entriamo nel delicato contesto delle tutele legali, del framework politico e legislativo di questa risorsa. Spesso le questioni di gestione della risorsa acqua, in poche parole il “come è usata”, sono invisibili a livello di policy making e di dibattito pubblico. Le nuove “voluntary guide-lines” sulla gestione delle risorse naturali, promosse dal Comitato per la Sicurezza Alimentare, sono un passo in avanti, basti pensare che anche alcuni “giganti” multinazionali industriali hanno reagito alla novità: la Coca Cola, ad esempio, ha aderito ad una campagna di Oxfam contro l’accaparramento delle terre, e si è impegnata a non utilizzare per i suoi prodotti zucchero proveniente da terre soggette ad accaparramento terriero. Tuttavia c’è ancora tanta strada da fare, il tema del diritto globale all’acqua è volontariamente tenuto sotto traccia.

 

Molti pensano che land e water grabbing siano fenomeni che riguardano solo i Paesi in via di sviluppo: al centro delle sue ultime ricerche, invece, ci sono proprio i fenomeni di accaparramento nel contesto dell’Occidente. Cosa può dirci in merito?

Sono ancora all’inizio di questo nuovo filone di ricerche,  ma posso dire che sicuramente anche i Paesi occidentali corrono questo rischio: basti pensare ai fenomeni crescenti di land grabbing nelle grandi pianure degli Stati Uniti, ma anche alle privatizzazioni della gestione idrica in Europa. La società civile si sta muovendo ma, come dicevo, il tema dell’acqua come diritto globale è ancora invisibile a livello di “policy making”.

 

Insomma, un bilancio finale?

L’acqua è un tema globale, che ci riguarda tutti, visto che tutti abbiamo bisogno quotidiano di acqua per sopravvivere. La visione comune a livello di dibattito pubblico è che dobbiamo salvaguardare questa risorsa che, voglio ricordare, è una risorsa finita, non eterna: poi, però, c’è modo e modo di intendere questa sfida. Oggi il vero pericolo è che la visione dell’acqua come risorsa da sfruttare, da gestire in modo privatistico, diventi predominante: dobbiamo dare una risposta forte, e respingere questa visione, perché è insostenibile.

 

 

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